Come spesso fa notare l’attivista per l’ambiente Greta Thunberg, quando escono nuovi dati sulle conseguenze del riscaldamento globale si solleva una certa attenzione da parte dei media. Noi stessi, da persone comuni, non possiamo che restare interdetti e preoccupati di fronte a relazioni scientifiche che prospettano con sempre maggiore accuratezza i rischi a cui andiamo incontro se non invertiamo subito la rotta riducendo drasticamente le emissioni. Solo che poi, smaltito il breve picco emotivo, torniamo alle nostre attività. Cosa sarebbe successo se nell’ultimo anno e mezzo avessimo fatto la stessa cosa con la pandemia?
Le conoscenze scientifiche sul SARS-CoV-2 e sul COVID-19 sono molto più recenti e molto meno consolidate rispetto a quelle sul clima. Conosciamo questo virus e questa malattia da nemmeno due anni, eppure ci siamo abituati senza troppe resistenze a vedere politica e scienza fianco a fianco nello scambiarsi informazioni e pareri. E abbiamo visto più spesso la politica seguire i consigli della scienza, piuttosto che ignorarli. Anzi, in certi casi si è adottato un principio di precauzione che andava oltre le raccomandazioni degli scienziati. Pensiamo alle varie decisioni rispetto alla somministrazione del vaccino AstraZeneca.
Con tutti i problemi e gli errori che sono stati fatti, e al netto delle disuguaglianze tra “primo” e “terzo” mondo con cui la campagna vaccinale sta proseguendo, ci sentiamo di affermare che questo rinsaldato rapporto tra comunità scientifica e politica sia stato proficuo. L’ultimo periodo ci ha ricordato che in ultima istanza è la politica a doversi prendere la responsabilità delle scelte, considerando una serie di fattori che vanno oltre quelli strettamente scientifici. Ma, con gli scienziati al loro fianco, i politici hanno potuto portare la maggior parte dei paesi “occidentali” fuori dal momento più grave dell’emergenza in tempi rapidissimi, e con costi umani che, per quanto drammatici, avrebbero potuto essere ancora più terribili. Chissà a che punto saremmo ora se non ci fossero stati gli studi, le sperimentazioni, le ricerche preliminari, i test su larga scala, ecc.
Come fa notare Massimo Greco su Lavoce.info, quando c’è di mezzo la salute, la politica legislativa trova un limite nella scienza: «Sia l’alluvionale normativa (primaria e secondaria) – prodotta da stato, regioni ed enti locali – sia la correlata giurisprudenza fin qui formatasi in materia risentono infatti di un principio immanente del nostro ordinamento, secondo cui la persona ha il diritto di essere curata efficacemente e di essere rispettata nella propria integrità fisica e psichica attraverso una legislazione generale dello stato basata sugli indirizzi condivisi dalla comunità scientifica nazionale e internazionale e sulla base dei dati e delle conoscenze medico-scientifiche disponibili (sentenze della Corte costituzionale n. 169/2017, n. 338/2003, n. 282/2002 e n. 5/2018)».
L’abbiamo presa un po’ larga, ma a questo punto avrete capito dove vogliamo arrivare. Perché non riusciamo ad applicare lo stesso rigore, la stessa “riserva di scienza” alle decisioni che riguardano la crisi climatica? In questo caso non dobbiamo nemmeno rincorrere l’ultima ricerca, magari pubblicata in preprint, per capire cosa sta succedendo. Sono anni che i centri di ricerca più importanti al mondo convergono su alcuni concetti molto chiari: l’attuale riscaldamento climatico è causato dalle attività umane; siamo ancora in tempo per limitare i danni a breve e lungo termine; se non agiamo subito le conseguenze saranno devastanti.
Ai politici spetta spesso il compito di spostare l’attenzione dall'”uovo oggi” alla “gallina domani”, per così dire. Se facciamo delle scelte sensate oggi, a fronte di sacrifici immediati otterremo grandi vantaggi domani. Pensate al lockdown. Al di là di pochi incoscienti, la stragrande maggioranza della popolazione ha accettato e rispettato di chiudersi in casa oggi con l’obiettivo di migliorare la situazione sanitaria domani. Ed è stato un bene. Allo stesso modo oggi accettiamo misure come l’obbligo di Green Pass, nella speranza che domani potremo definitivamente liberarci di tutte o quasi le misure precauzionali.
Con l’emergenza climatica questo non avviene. I politici non hanno la forza e il coraggio di portare lo sguardo delle persone alla “gallina domani”, e nel timore delle conseguenze immediate di un cambio drastico sulle politiche ambientali continuano a procrastinare scelte decisive.
Tra le cose che ci ha insegnato la pandemia c’è il fatto che le scelte individuali hanno un peso, tanto quanto lo hanno le scelte determinate dall’alto. Non sarà certo il singolo cittadino, per quanto attento, a ridurre drasticamente le emissioni di CO2. Ma al cittadino, come fa notare sempre Thunberg, spetta il compito di chiedere ai politici di fare ciò che va fatto, continuando a insistere finché alle promesse non seguono i fatti.
(Foto di Markus Spiske su Unsplash )
Noi ci siamo
Quando è nata Avis Legnano i film erano muti, l’Italia era una monarchia e avere una radio voleva dire essere all’avanguardia. Da allora il mondo è cambiato, ma noi ci siamo sempre.