Oggi è la Giornata mondiale delle malattie rare. Il 29 febbraio è stato scelto proprio perché piuttosto “raro” in calendario (negli anni non bisestili la si celebra il 28 febbraio).
Ma cosa sono le malattie rare, quante sono e in quanti ne sono colpiti? Partiamo dalla definizione, che prendiamo dal sito dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA): «In Europa una malattia è considerata rara quando colpisce non più di 5 persone ogni 10.000 abitanti».
Come spiega la fondazione Telethon, il database europeo delle malattie rare, Orphanet, conta oltre 6 mila malattie. Altre fonti ne contano anche di più: tra le 7 e le 8 mila. A soffrirne sono circa 300 milioni di persone nel mondo, di cui tra 2,1 e 3,5 milioni di persone in Italia.
Come evidenziato da un articolo su Vita, uno dei grossi problemi legati alle malattie rare riguarda la diagnosi tardiva: «Il 25% dei pazienti rari nel nostro Paese attende da 5 a 30 anni per ricevere conferma di una diagnosi; 1 su 3 è costretto a spostarsi in un’altra regione per ricevere quella corretta. Le malattie rare […] sono generalmente gravi, spesso croniche, talvolta progressive, non sempre facilmente diagnosticabili. Circa il 30% dei malati rari, infatti, non ha una diagnosi e rischia di convivere con una malattia che resterà per sempre senza nome».
Per curare le malattie rare, quando è possibile, si usano dei farmaci specifici, che sono detti farmaci orfani. Questi, spiega ancora l’AIFA, rispondono a tre criteri: «1) devono essere indicati per una patologia che mette in pericolo la vita o [che sia] debilitante in modo cronico; 2) devono essere indicati per una condizione clinica rara, definita da una prevalenza di non più di 5 soggetti ogni 10 mila individui, calcolata a livello della Unione Europea; 3) non devono essere disponibili trattamenti validi o, se sono già disponibili dei trattamenti, il nuovo farmaco deve rappresentare un beneficio clinico significativo».
Proprio perché una diagnosi tempestiva è essenziale per fare ricorso il prima possibile alle terapie specifiche, ove esistano, e visto che oltre il 70% delle malattie rare sono genetiche, è molto importante lo screening neonatale. Su questo, il report annuale 2023 di Uniamo riporta alcuni aspetti positivi che riguardano l’Italia: «a fine 2022 – spiega il report – il programma di screening neonatale esteso è attivo in tutte le Regioni/Province Autonome. Si registra anche una crescente omogeneizzazione del numero di patologie inserite nei pannelli di screening a livello regionale». Inoltre, il decreto che ha ridefinito i livelli essenziali di assistenza nel 2017 garantisce a tutti i neonati le prestazioni necessarie alla diagnosi precoce della sordità congenita e della cataratta congenita. «A fine 2022 – prosegue il report – lo screening audiologico neonatale è attivo in tutto il territorio nazionale. Analogamente lo screening oftalmologico neonatale è attivo in tutto il Paese con la sola eccezione di due Regioni (in una Regione risulta non attivo, in un’altra è in via di attuazione); [si registra la] costante crescita nell’ultimo quinquennio del numero di malattie rare testate nei laboratori clinici italiani considerati nel database di Orphanet che, a fronte della sostanziale stabilità del numero di laboratori, aumentano di quasi 800 unità nel giro di 5 anni: da 1.999 nel 2018 a 2.786 nel 2022».
«In continuità con le edizioni precedenti – ha dichiarato la presidente di Uniamo Annalisa Scopinaro – quest’anno stiamo approfondendo il lungo e faticoso percorso che i pazienti e i loro familiari affrontano quando impattano con una malattia rara. In particolare, il focus della campagna #UNIAMOleforze è sulla seconda tappa del “viaggio”, la presa in carico, che vogliamo sia realmente olistica, ossia un approccio integrato di cura che tenga insieme tutte le esigenze sanitarie e sociali. Ci preme far capire, infatti, che le persone con malattia rara non sono la loro patologia, ma sono prima di tutto persone».
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