Al di là delle valutazioni politiche, che lasciamo alle preferenze di ognuno, dallo smottamento politico di questi giorni resta ai margini soprattutto una questione: la riforma elettorale. Messo da parte il governo di Mario Monti, che con i suoi alti e bassi (che qui non abbiamo avuto paura né remore a mettere in evidenza, come avremmo fatto con qualsiasi governo di qualsiasi colore) ha se non altro lavorato alla riduzione dell’evasione fiscale e ridato credibilità al nostro Paese nei confronti degli osservatori esteri, ora si torna alla politica “vecchia maniera”. Purtroppo, viene da dire a leggere i nomi, sempre gli stessi, e a guardare i volti, sempre più segnati, dei soliti protagonisti che ci accompagnano ormai da troppi anni. Gli stessi che dall’approvazione del “Porcellum”, la legge elettorale del 2005 a firma di Roberto Calderoli, sostengono di volere riformare il sistema di selezione dei candidati e il meccanismo del premio di maggioranza.

A febbraio andremo quindi a votare con la stessa legge che prevede le cosiddette “liste bloccate”: a noi elettori la sola possibilità di votare per una lista che qualcun altro ha già compilato, nessun sistema di preferenze che permetta di dichiarare la propria fiducia verso questo o quel candidato. Cosa peraltro già possibile per le elezioni europee, regionali e comunali. Non si capisce perché in Parlamento questa scelta debba essere negata al cittadino. Ci sarebbero tante altre strade per aggirare l’attuale legge e garantire un principio democratico alle prossime elezioni. C’è chi le ha chiamate “Parlamentarie”, e al di là del successo o meno dell’iniziativa è un tentativo interessante di dare partecipazione popolare alle scelte di partito. Un po’ come le Primarie di coalizione, si dà ai cittadini la possibilità di appoggiare il proprio candidato, impegnandosi poi a rispettare le scelte in caso di elezione.

Ipotesi, esperimenti; ma resta il fatto grave di aver preso in giro i cittadini con una riforma invocata da ogni parte, ma non voluta in realtà da nessuno. Tra i detrattori ci sono gli stessi che nel 2005 dichiaravano di votare e appoggiare il “Porcellum”, salvo poi accorgersi che tale meccanismo non era più adeguato alla partecipazione democratica. Ma guardandosi bene dall’impegnarsi per sostituirlo con un altro sistema. E allora prepariamoci ai “listoni” a cui ormai ci siamo dovuti abituare. Magari anche alle coalizioni più spericolate in cerca della maggioranza relativa e quindi del premio di maggioranza. Insomma, i soliti vecchi giochetti.

L’Italia ha bisogno di un futuro, e non dell’eterno ritorno del passato. Attualmente non vediamo in campo forze in grado di immaginare un domani per questo Paese. Chi è al governo (ancora per pochi giorni) aveva il compito di pensare al presente, e soprattutto alle tasche dei conti pubblici. Non è un governo che pretenda di essere rappresentativo dei cittadini, ma almeno ci ha permesso di uscire (forse) da una palude che poteva metterci sullo stesso piano di altri Paesi dalla situazione economica simile alla nostra. La strada verso l’affossamento delle riforme è lastricata di buoni propositi, e in questi anni ne abbiamo sentiti tanti. Ancora una volta l’ennesima occasione mancata di dimostrare l’intenzione di cambiare davvero le cose nel nostro Paese va ad alimentare quel sentimento antipolitico che in questi anni ha preso piede nell’opinione pubblica, e che è alla base di un’instabilità pericolosa, ossia quella dei cittadini, che, esauriti gli strumenti democratici, potrebbero un giorno pensare ad altre forme di “partecipazione”.