È online da lunedì 19 giugno il crowdfunding per “Blue Revolution tour”, un progetto per far conoscere l’economia circolare attraverso il teatro. Lo spettacolo Blue Revolution. L’economia ai tempi dell’usa e getta è la seconda produzione realizzata dall’associazione Pop Economix, che si prefigge di diffondere l’educazione economica e finanziaria attraverso vari canali, tra cui il principale è certamente il teatro. Lo spettacolo precedente, tuttora in programmazione, si chiamava Pop Economix Live Show, e dal 2011 ha attraversato l’Italia (e in alcuni casi l’Europa) attraverso 380 repliche. Ma è possibile parlare di economia a teatro senza annoiare a morte il pubblico? Evidentemente sì, visto che le performance della compagnia continuano a essere molto richieste e apprezzate.
Pop Economix nasce dalla voglia di raccontare la crisi economica globale dopo la crisi finanziaria del 2008, usando il teatro. Per questo si definisce «teatro civile di informazione. Teatro come spazio espressivo che restituisce, attraverso l’arte, la capacità di leggere la realtà. Teatro che sa confrontarsi con il rigore della documentazione, che nasce da un attento lavoro di verifica e confronto delle fonti per ricostruire, oltre la cronaca, la storia nella quale siamo immersi. Teatro che riesce a coinvolgere la mente e il cuore delle persone, che evoca paure e fatiche, ma anche indignazione e speranze, voglia di reagire e di cercare nuove strade per un’economia più rispettosa dell’uomo e del pianeta».
Il nuovo progetto Blue Revolution, che debutta quest’anno, prosegue nella direzione dell’educazione economica e finanziaria e inserisce il tema dell’ambiente, sul quale tutte le attività umane hanno un impatto. Ci sono movimenti, come quello dell’economia circolare (un sistema che si propone di non lasciare residui, riutilizzando i materiali tecnici e reintegrando nella biosfera quelli biologici), che offrono un modello diverso rispetto a quello industriale al quale siamo abituati a pensare. Da qui l’esigenza del crowdfunding, che ha principalmente tre obiettivi: realizzare le prime tre tappe del tour di lancio; aiutare lo sviluppo della app Mercato circolare; realizzare un video del tour e delle realtà censite nella app».
L’approccio delle produzioni di Pop Economix è di tipo rigoroso, giornalistico (nel senso più nobile del termine). Pur narrando storie, l’obiettivo è fare informazione, dunque i dati, i fatti, le statistiche utilizzate sono frutto di una seria ricerca da parte degli autori. Per quanto astratta e fantasiosa possa essere la scelta delle immagini e metafore utilizzate (per esempio si spiega efficacemente la legge della domanda e dell’offerta con una storia incentrata sulla figurina Panini del portiere Pier Luigi Pizzaballa, nota per essere introvabile nella stagione 1963-64), i temi sono affrontati con assoluta serietà.
Tra gli autori di entrambi gli spettacoli c’è il giornalista Paolo Piacenza, che ha tenuto un intervento ieri nella sede Intesa San Paolo di via Farini a Bologna, in un incontro di formazione sull’educazione economica e finanziaria riservato alla stampa. Come ha fatto notare Piacenza, vari aspetti avvicinano giornalismo e teatro nel loro ruolo all’interno della società. Entrambi infatti svolgono una funzione di mediazione nella lettura della realtà. Attraverso il ricorso alla narrazione di storie (nel giornalismo anglosassone il termine story vuol dire anche articolo, servizio) si portano le persone a conoscere fatti. In questo parallelismo è il teatro a fornire nuovi stimoli al giornalismo (o a ricordargli le sue vecchie prerogative), come la necessità di ricostruire la storia per poterla raccontare in maniera chiara e comprensibile.
Troppe volte sui giornali (italiani in particolare, con rare eccezioni) si trovano articoli che sembrano la continuazione di una narrazione di cui non si riesce a ritrovare l’inizio. Da un giorno all’altro compaiono su tutte le prime pagine termini (spesso inglesi) mai sentiti prima, che all’improvviso ricorrono decine di volte in vari articoli, senza che nessuno si prenda la briga di spiegare cosa accidenti vogliano dire. Bond, spread, sub-prime, bail-in, per restare all’ambito finanziario, sono parole sul cui significato raramente i giornali hanno dedicato tempo e spazio (e spesso si è capito di cosa si trattasse quando era troppo tardi). The watchdog that didn’t bark (Il cane da guardia che non abbaiò) di Dean Starkman è uno dei libri che spiegano le mancanze del giornalismo finanziario nel prevedere e raccontare la crisi del 2008. A quasi dieci anni da quel drammatico passaggio, restano ancora tanti i difetti del giornalismo rispetto ai temi finanziari.
Piacenza individua alcuni obiettivi verso cui tendere nell’esercitare la professione: accuratezza e indipendenza, evitare un eccesso di allarmismo che può avere l’effetto di ingrandire fenomeni minoritari sull’onda dell’emozione, trovare (ma non forzare) nessi causali, spiegare sempre i termini tecnici e ampliare il contesto. In generale, sarebbe opportuno cercare di coltivare lo spirito critico nel pubblico, non cercare il consenso con frasi perentorie; ricostruire i fatti senza rinunciare alla complessità; accettare con onestà l’incertezza, anche se non aiuta a fare titoli acchiappaclic.
Fonte foto: Pop Economix