Il Nobel è un’istituzione talmente prestigiosa che con “premio Nobel” si può intendere sia il premio vero e proprio, sia la persona che l’ha ricevuto. Il prestigio è tale che colui che ne è investito non solo accoglie il riconoscimento, ma in qualche modo lo “diventa”.
Il problema è che anche i “premi Nobel” sono pur sempre esseri umani (salvo eccezioni, come vedremo più avanti), e talvolta i loro lati controversi possono essere tanto rilevanti quanto i loro talenti.
Il National Geographic sul suo sito web ha messo insieme i profili di alcuni di questi premi Nobel “invecchiati male”, diciamo.
Si parte dal co-inventore del transistor, William Shockley, che purtroppo era anche un razzista impenitente. Nel 1956 vinse il Nobel per la Fisica ma negli anni successivi sostenne un insieme di idee razziste note come eugenetica.
Kary Mullis, vincitore del Premio Nobel per la Chimica nel 1993, aveva la reputazione di “anticonformista”. Nella sua autobiografia in effetti esalta le virtù dell’astrologia, descrive un possibile incontro con gli alieni e ammette di aver fatto ripetutamente uso di LSD. Purtroppo, le teorie stravaganti di Mullis includono anche il negazionismo dell’AIDS.
Il Premio Nobel per la Chimica del 1918 fu assegnato a Fritz Haber, che aveva sviluppato un metodo per sintetizzare l’ammoniaca dall’azoto e dall’idrogeno da utilizzare come fertilizzante. La scoperta aumentò la resa dei raccolti in tutto il mondo, ma Haber sarebbe diventato famoso per un’altra innovazione: l’uccisione di massa “industrializzata”. Durante la Prima Guerra Mondiale, curò infatti il programma di sviluppo del cloro come arma da usare sul campo di battaglia, che causò la morte di migliaia di soldati.
Un discreto numero di premi Nobel finiscono nella categoria dei sessisti, in particolare quelli che hanno negato alle proprie colleghe il riconoscimento che avrebbero meritato per le loro ricerche. Una menzione a parte merita però Tim Hunt, vincitore del premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina nel 2001. Il biochimico britannico ha scatenato vivaci proteste quando, nel 2015, durante un pranzo per giornaliste e scienziate a Seul, ha detto: «Vorrei parlarvi dei miei problemi con le donne. Quando sono in laboratorio succedono tre cose: tu ti innamori di loro, loro si innamorano di te e quando le critichi piangono. Forse dovremmo creare laboratori separati per uomini e donne?».
C’è una lunga storia di premi Nobel assegnati a uomini al posto delle colleghe donne. Forse uno dei casi più eclatanti, racconta il National Geographic, è quello di Joshua Lederberg, premiato nel 1958 con il Nobel per la Fisiologia o la Medicina per le ricerche condotte insieme alla prima moglie, la microbiologa Esther Lederberg. Nonostante i contributi di quest’ultima, il premio è stato assegnato solo al marito, che l’ha citata una sola volta nel suo intervento.
Lo scienziato danese Johannes Fibiger vinse il premio Nobel per la Fisiologia o la Medicina nel 1926 per avere scoperto quello che pensava essere un parassita che causava il cancro, un’idea che si rivelò totalmente sbagliata. Fibiger studiò ratti selvatici con escrescenze verrucose, che riteneva essere una forma di cancro causata da vermi parassiti. Il suo premio Nobel fu assegnato con la dichiarazione che queste scoperte erano “il più grande contributo alla medicina sperimentale della nostra generazione”. Le cose poi sono andate diversamente.
James Watson, co-scopritore della struttura del DNA, è un caso a sé per il suo carattere particolare. Durante una conferenza universitaria ha sostenuto che esistono legami biochimici tra la libido sessuale e il colore della pelle (“Ecco perché avete amanti latini”, ha detto) e tra il peso corporeo e l’ambizione. In un’intervista ha dichiarato che “un certo antisemitismo è giustificato”. Non ha mai dato credito a Rosalind Franklin, il cui lavoro con la cristallografia a raggi X ha reso possibile la sua scoperta, ma non ha risparmiato di criticarne l’aspetto e il gusto nel vestire. Ha anche sostenuto che il quoziente intellettivo degli africani non sia al livello delle società occidentali. La sua storia con il Nobel si chiude con un atto plateale: nel 2014 ha messo all’asta il medaglione ricevuto come premio per 4,1 milioni di dollari.
Il Nobel per la pace
Una categoria a parte è rappresentata dal premio Nobel per la Pace. In questo caso infatti i criteri per l’assegnazione sono ancora più difficili da stabilire, e spesso a riceverlo sono state persone o istituzioni su cui si coltivavano più speranze che certezze.
Un articolo di Francesca Spinelli su Internazionale contesta per esempio quello assegnato all’Unione europea nel 2012, a causa del controverso ruolo esercitato dall’agenzia europea Frontex, incaricata di sorvegliare (con personale armato) le frontiere dell’Unione. Inoltre diversi paesi europei nel corso degli anni hanno preso parte a conflitti armati come membri della Nato (per esempio in Afghanistan e Libia), il che va in contrasto con l’idea antimilitarista del premio.
Il Post cita altri casi che hanno deluso le aspettative, come il primo ministro etiope Abiy Ahmed, premiato nel 2019. Dopo poco più di un anno dal suo insediamento, il processo di pace tra Etiopia ed Eritrea e le riforme democratiche si sono interrotte, e «dal novembre 2020 l’Etiopia è impegnata in una sanguinosa guerra nella regione del Tigrè, con le forze governative accusate di massacri, violenze sessuali e pulizia etnica».
Un altro caso difficile è quello di Aung San Suu Kyi, leader del Myanmar che negò le violenze subite da una minoranza presente nel suo paese. «Era stata premiata con il Nobel per la Pace nel 1991, quando era in carcere per la sua opposizione al regime militare – spiega il Post –: liberata nel 2010, divenne leader informale del Myanmar nel 2016, a seguito di una serie di accordi con il regime militare. In quell’audizione all’Aia si rifiutò di condannare le violenze dell’esercito birmano nei confronti dei rohingya, minimizzandole e negandole apertamente. In seguito a un nuovo colpo di stato militare, nel 2021, Aung San Suu Kyi è oggi nuovamente incarcerata».
(Foto di autore anonimo su Wikimedia Commons)
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