Chiunque nella vita attraversa situazioni che creano ansia e stress, problemi che vorrebbe risolvere o circostanze che vorrebbe migliorare. Ma spesso non è possibile, o non lo è in tempi brevi. Secondo Arthur Brooks, che ne scrive sull’Atlantic, la cosa migliore da fare in questi casi, e la prima, è cambiare il modo in cui si affrontano quelle situazioni, o meglio le emozioni che si associano ad esse.
Non vuole essere un incentivo a rinunciare a imprimere un cambiamento alla propria vita, se necessario, quanto piuttosto una strategia che permette di disporsi nella maniera giusta verso le cose, per poi un giorno (ove possibile) provare a cambiarle.
Per esempio se si sta cercando un lavoro o una carriera interessante e appagante, o non si ha una rete di relazioni soddisfacente e ci si sente soli; oppure quando si ha un lavoro, ma non ci si trova bene con i superiori, o quando viene diagnosticata una malattia cronica per cui non ci sono cure promettenti. Si tratta di situazioni spiacevoli che la volontà individuale non basta a risolvere. Vanno affrontate per ciò che sono, e questo passa dalle emozioni che vi associamo.
«Tra le circostanze che vi circondano e la vostra risposta ad esse c’è uno spazio – scrive Brooks –. In quello spazio siete liberi. Potete scegliere di provare a rimodellare il mondo, o potete cominciare a cambiare la vostra reazione ad esso».
Può sembrare innaturale, anche perché siamo abituati a credere che le emozioni siano fuori dal nostro controllo, soprattutto in un momento di crisi. C’è una spiegazione scientifica a questo. «Le emozioni negative come la rabbia e la paura attivano l’amigdala – spiega Brooks –, che aumenta la prontezza verso le minacce e migliora la capacità di individuare ed evitare il pericolo. In altre parole, lo stress ci fa combattere, fuggire o immobilizzare – non pensare. […] Ma nel mondo moderno, lo stress e l’ansia sono di solito cronici, non episodici. Non abbiamo più bisogno dell’amigdala per scappare dalla tigre. Invece la continuiamo a usare per gestire problemi non letali che ci assillano tutto il giorno».
Uno stress cronico porta a meccanismi di adattamento dannosi, che includono nei casi più estremi l’abuso di droghe e alcol, la ruminazione sulle cause della tensione, autolesionismo e senso di colpa. Meccanismi che non solo non ci aiutano a stare meglio, ma che possono aggravare i problemi portando a dipendenza, depressione e aumento dell’ansia.
Brooks offre quattro consigli per affrontare queste situazioni.
1. Fare caso ai propri sentimenti
«Osservando le vostre emozioni come se appartenessero a qualcun altro, vi darete consigli migliori. L’auto-osservazione richiede essere consapevoli di ciò che si sta provando in quel momento e di avvicinarsi alle proprie emozioni con curiosità distaccata.
Poniamo che siate stanchi di lavorare da casa tutto il giorno, con infinite riunioni su Zoom e nessun vero contatto umano. Piuttosto che fantasticare di smettere del tutto, passate un po’ di tempo a studiare la vostra noia e il vostro disagio. A che ora del giorno peggiorano? Dopo quanto tempo in una riunione sentite il desiderio di scappare via urlando? Tenete un diario di quando vi sentite giù, rispetto al tempo e alla mansione. Poi considerate come potreste modificare piccoli aspetti della vostra routine per migliorare l’umore». Per esempio facendo una passeggiata di tanto in tanto.
2. Accettare i propri sentimenti
«L’idea che si debbano cambiare le circostanze quando si è tristi si basa sul presupposto che i sentimenti negativi debbano essere sradicati. In certi casi le emozioni negative possono essere debilitanti e richiedono una terapia, come nei casi di depressione o ansia clinica. Ma in generale i sentimenti negativi fanno parte di un’esperienza umana completa: cancellarli renderebbe l’esistenza più grigia. Inoltre, la ricerca mostra che le emozioni e le esperienze negative ci aiutano a trovare un significato e un scopo nella vita.
Nel diario che avete iniziato nello step precedente, riflettete sulle cose che non potete realisticamente cambiare e sulle emozioni che vi suscitano. Chiedetevi cosa state imparando su voi stessi da ognuno di questi sentimenti e come potrebbero aiutarvi a crescere».
3. Abbassare le aspettative
«Domandatevi se state chiedendo al mondo qualcosa che non può o non vuole darvi. Se è così, forse state cercando la beatitudine nel posto sbagliato. Per esempio, sono un grande sostenitore della creazione di luoghi di lavoro più felici, ma consiglio sempre alle persone di non fare affidamento su un particolare lavoro per raggiungere la felicità. Allo stesso modo, non dovreste dare per scontato che essa possa venire da una singola storia d’amore, oggetto materiale o attività. Avete bisogno di un approccio “portfolio”, bilanciando fede o filosofia, famiglia, amicizia e lavoro in cui vi guadagnate il successo e servite gli altri».
4. Dare di più
«Una ricerca della business school INSEAD in Francia mostra che le persone che si considerano vittime delle circostanze non sentono di avere alcuna responsabilità nei propri confronti. È anche probabile che diventino esse stesse carnefici, ferendo le persone che cercano di aiutarle. Un modo per rompere questo ciclo è aiutare gli altri volontariamente e caritatevolmente.
Se vi sentite soli al lavoro, cercate qualcun altro che si trova a disagio e offrite un po’ di buona compagnia. Se avete problemi di salute, trovate altri che sono nella stessa condizione e offrite loro ascolto e aiuto. Sollevando gli altri, solleverete anche voi stessi».
(Foto di Hello I’m Nik su Unsplash )
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