Carlo Cottarelli non è uno che si sforza di piacere o di essere simpatico. Non va nemmeno troppo alla ricerca dell’eleganza quando scrive. È un economista, si occupa di numeri e di pubblica amministrazione: punta a essere chiaro, non a stupire. È con queste premesse, e mettendo da parte le proprie idee politiche, che bisogna leggere l’articolo che ha pubblicato sulla Stampa andata in edicola il 19 febbraio.
Nel testo, Cottarelli analizza i programmi delle principali forze politiche che tra meno di due settimane si sfideranno nel segreto delle urne. Ciò che ne ricava l’ex commissario alla spending review è un quadro piuttosto desolante, con programmi vaghi e contraddittori, dai quali si evince che forse i partiti non hanno dato molto peso alla redazione di quei documenti. Come se dopo tutto non contassero granché, perché la “vera” campagna elettorale è quella che si combatte sui media, a suon di slogan e di accuse reciproche. Senza che si arrivi peraltro a un vero contraddittorio, perché una caratteristica di questa bizzarra campagna elettorale è il continuo annunciare (e poi smentire) confronti in tivù tra i principali candidati. Ma dicevamo dei programmi.
Cottarelli li passa in rassegna uno a uno, senza risparmiare colpi a nessuno. Nell’ordine analizza prima i programmi del centrodestra: in termini di debito pubblico, «Forza Italia intende rispettare (più o meno) le regole europee; la Lega le viola palesemente. Come farebbero a stare al governo insieme essendo in disaccordo su una questione che non è poi così marginale, faccio fatica a capirlo. Li unisce però un programma di promesse elettorali senza coperture per importi di 50-55 miliardi di euro al 2022. […] la flat tax sarà finanziata interamente “attraverso il taglio degli sconti fiscali”, cioè di quella miriade di agevolazioni che ora complicano la nostra legislazione fiscale. Ma se così fosse la pressione fiscale non scenderebbe. Ma non è intenzione del centrodestra abbattere la pressione fiscale?».
Sullo stesso argomento, il Movimento 5 Stelle ha «depositato un programma in 20 punti che contiene un generico impegno a ridurre il debito pubblico del 40 per cento in dieci anni. Obiettivo ambizioso ed encomiabile, solo che non si capisce come potrebbe essere raggiunto aumentando il deficit pubblico: lo stesso programma parla infatti di “maggiori investimenti in deficit”. Certo la soluzione ci sarebbe per conciliare un aumento del deficit con un forte calo del rapporto tra debito e Pil: basterebbe che il Pil crescesse rapidamente. Solo che per ridurre il debito di 40 punti percentuali in dieci anni, con un deficit dell’ordine del 2-3 per cento, occorrerebbe che il Pil reale crescesse del 5-6 per cento, insomma ritmi quasi cinesi».
Le cose non migliorano spostandosi verso il centrosinistra, dove addirittura i diversi documenti che illustrano il programma si contraddicono tra loro: «Il piano di rientro dal debito non indica quale sarà il livello complessivo delle entrate e delle spese dello Stato ma solo l’avanzo primario, e peraltro solo per la media del prossimo decennio. Un altro elemento di incertezza riguardo i piani del Pd è la parziale discordanza tra i tre principali documenti elettorali pubblicati. In particolare, la sintesi del programma (il documento depositato) contiene proposte non incluse nel programma stesso. […] si ha l’impressione che i programmi depositati al ministero dell’Interno non costituiscano piani concreti e coerenti di quello che i partiti intendano effettivamente fare una volta al governo. Intendiamoci: so bene che è sempre stato così in Italia e, in buona misura, anche all’estero. Ma mi sembra che questa volta si sia andati oltre non solo quello che è tollerato in altri Paesi, ma anche alla tradizione elettorale italiana».
Tra i tanti temi importanti che andrebbero affrontati con urgenza per cambiare volto al nostro Paese, ci sarebbero delle proposte concrete e plausibili di sviluppo per il Meridione. Non ne sta parlando nessuno, se non con le solite modalità fatte di annunci vuoti e promesse azzardate. In questo, almeno, si riscontra una certa coerenza tra le dichiarazioni dei politici e i programmi depositati. Come ricostruisce Sara De Carli su Vita, Partito Democratico e Movimento 5 Stelle non hanno un capitolo dedicato all’argomento nel loro programma. La coalizione di centrodestra parla genericamente di un «piano per il sud: sviluppo infrastrutturale e industriale del mezzogiorno, uso più efficiente dei fondi europei con l’obiettivo di azzerare il gap infrastrutturale e di crescita con il resto del Paese».