
Tornare a pubblicare dopo tre settimane di stop forzato impone una scelta più difficile del solito tra i vari possibili argomenti. Prima di cominciare, ci scusiamo per questo prolungato silenzio, ma i bug della piattaforma di gestione dei contenuti e alcune inefficienze del nostro provider hanno reso impossibile l’aggiornamento del blog, nonché addirittura il suo oscuramento (assieme a quello del sito di Avis Legnano) per due lunghissimi giorni.
Detto questo, riprendiamo parlando di uno di quei fenomeni di cui un giorno vorremmo non dover parlare più: la violenza contro le donne. L’Istat ha diffuso venerdì 5 giugno un nuovo rapporto, relativo al 2014, che fotografa la situazione italiana nell’ultimo anno e permette di fare dei confronti con i dati degli anni scorsi. Aggiungiamo, prima di cominciare a leggere i numeri del documento, che l’argomento è particolarmente delicato perché negli ultimi anni si è assistito alla deprecabile abitudine di politici e giornalisti a citare i numeri relativi alla violenza di genere per sostenere tesi strumentali al proprio interesse. C’è chi, da un lato, ha seminato il terrore parlando di vera e propria “epidemia”, alla quale rispondere con provvedimenti altrettanto emergenziali (e quindi sempre sbilanciati da una parte o dall’altra). Altri hanno sostenuto che le statistiche parlassero sì dell’esistenza del fenomeno, ma che questo non fosse di per sé un’emergenza sociale. Il governo di Enrico Letta, nel 2013, decise di rispondere con un decreto (logica emergenziale) “anti-femminicidio”, che lavorava principalmente sull’inasprimento delle pene e altri aspetti relativi alla denuncia, ma non metteva un soldo in più a favore dei centri anti-violenza e di supporto psicologico.
È la stessa Istat ad affermare che «La violenza contro le donne è un fenomeno ampio e diffuso. 6 milioni 788 mila donne hanno subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 31,5 per cento delle donne tra i 16 e i 70 anni: il 20,2 per cento ha subìto violenza fisica, il 21 per cento violenza sessuale, il 5,4 per cento forme più gravi di violenza sessuale come stupri e tentati stupri. Sono 652 mila le donne che hanno subìto stupri e 746 mila le vittime di tentati stupri». Non mancano dati sconcertanti relativi alle donne più giovani e quelle con figli, dato che «Il 10,6 per cento delle donne ha subìto violenze sessuali prima dei 16 anni. Considerando il totale delle violenze subìte da donne con figli, aumenta la percentuale dei figli che hanno assistito ad episodi di violenza sulla propria madre (dal 60,3 per cento del dato del 2006 al 65,2 per cento rilevato nel 2014)».
Altro elemento negativo, forse il più grave, se confrontato con i numeri del 2006, è quello relativo agli stupri e ai tentativi di stupro. Questi non sono infatti diminuiti e anzi sono aumentati i casi in cui essi hanno portato al ferimento della vittima: «Non si intacca lo zoccolo duro della violenza, gli stupri e i tentati stupri (1,2 per cento sia per il 2006 sia per il 2014). Le violenze sono più gravi: aumentano quelle che hanno causato ferite (dal 26,3 per cento al 40,2 per cento da partner) e il numero di donne che hanno temuto per la propria vita (dal 18,8 per cento del 2006 al 34,5 per cento del 2014). Anche le violenze da parte dei non partner sono più gravi».
Ci sono tuttavia segnali positivi nel rapporto, che segnano una flessione di alcuni tipi di reato e fanno capire che il lavoro fatto da associazioni e campagne di sensibilizzazione ha portato a una maggiore consapevolezza della donna dei propri diritti e al contempo ha forse scoraggiato alcuni atteggiamenti maschili che un tempo qualcuno avrebbe considerato “normali”. «Negli ultimi 5 anni – si legge nel documento – le violenze fisiche o sessuali sono passate dal 13,3 per cento all’11,3 per cento, rispetto ai 5 anni precedenti il 2006. Ciò è frutto di una maggiore informazione, del lavoro sul campo, ma soprattutto di una migliore capacità delle donne di prevenire e combattere il fenomeno e di un clima sociale di maggiore condanna della violenza. È in calo sia la violenza fisica sia la sessuale, dai partner e ex partner (dal 5,1 per cento al 4 per cento la fisica, dal 2,8 per cento al 2 per cento la sessuale) come dai non partner (dal 9 per cento al 7,7 per cento). Il calo è particolarmente accentuato per le studentesse, che passano dal 17,1 per cento all’11,9 per cento nel caso di ex partner, dal 5,3 per cento al 2,4 per cento da partner attuale e dal 26,5 per cento al 22 per cento da non partner. In forte calo anche la violenza psicologica dal partner attuale (dal 42,3 per cento al 26,4 per cento), soprattutto se non affiancata da violenza fisica e sessuale. Alla maggiore capacità delle donne di uscire dalle relazioni violente o di prevenirle si affianca anche una maggiore consapevolezza. Più spesso considerano la violenza subìta un reato (dal 14,3 per cento al 29,6 per cento per la violenza da partner) e la denunciano di più alle forze dell’ordine (dal 6,7 per cento all’11,8 per cento). Più spesso ne parlano con qualcuno (dal 67,8 per cento al 75,9 per cento) e cercano aiuto presso i servizi specializzati, centri antiviolenza, sportelli (dal 2,4 per cento al 4,9 per cento). La stessa situazione si riscontra per le violenze da parte dei non partner. Rispetto al 2006, le vittime sono più soddisfatte del lavoro delle forze dell’ordine. Per le violenze da partner o ex, le donne molto soddisfatte passano dal 9,9 per cento al 28,5 per cento».
Rispetto alle misure prese dalla politica per arginare il fenomeno, si potrebbe dire che non è probabilmente il deterrente dell’inasprimento della pena a evitare situazioni di pericolo per la donna, quanto l’atteggiamento informato e consapevole di quest’ultima, anche in merito alla sua possibilità di denunciare. Vi immaginate un partner maschile tendenzialmente violento che tenga le mani a posto solo perché sa che da un giorno all’altro rischia di passare in carcere più tempo di prima? A noi sembra una visione semplicistica e per nulla realistica.