carcere
Fonte foto.

Notizie contrastanti dall’undicesimo rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia, redatto da Osservatorio Antigone. Da un lato si è riusciti a mantenere la tendenza al decongestionamento delle carceri, dall’altra il problema del sovraffollamento non è ancora risolto. I detenuti presenti al 28 febbraio 2015 sono 53.982. Il 31 dicembre 2014 erano 53.623. Il 31 dicembre 2013, ovvero a sette mesi dalla sentenza pilota della Corte europea dei diritti umani nel caso Torreggiani, i detenuti erano invece 62.536. Dunque a oggi sono 8.554 in meno rispetto a fine 2013. I detenuti erano 66.897 alla fine del 2011, anno nel quale sono stati assunti i primi interventi a favore dello “svuotamento”. In tre anni i detenuti sono quindi diminuiti di 12.915 unità.

Resta il fatto che i posti letto regolamentari secondo il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sono 49.943. Il tasso di affollamento sarebbe dunque del 108 per cento (ovvero 108 detenuti ogni 100 posti letto). Per stessa ammissione dell’amministrazione, il dato sulla capienza non tiene però conto di eventuali situazioni provvisorie (reparti chiusi per lavori di manutenzione) che comportano variazioni temporanee del valore indicato. Gli scostamenti accertati da Antigone sono quantificabili intorno alle 4.200 unità: se così fosse, il tasso di affollamento salirebbe al 118 per cento. Bisogna dunque insistere sul terreno delle riforme per arrivare a una situazione normale, ovvero di un detenuto per un posto letto.

Il calo degli ultimi anni è dovuto principalmente alla diminuzione degli ingressi, causata dal cambio della legislazione sugli stranieri e dalle nuove norme in materia di arresto (tendenti a evitare il peso delle detenzioni brevi in fase pre cautelare, cioè delle cosiddette “porte girevoli”) e custodia cautelare (limiti all’uso nei casi di reati di minore allarme sociale). La buona notizia è che, nonostante la popolazione carceraria sia rimasta più o meno stabile rispetto all’anno precedente, e nonostante la crisi, i reati non sono cresciuti. Nel 2014 l’indice di delittuosità (reati per numero di abitanti) è infatti complessivamente diminuito del 14 per cento nonostante la popolazione reclusa sia anch’essa diminuita, segno che in carcere c’erano tante persone (principalmente immigrati e consumatori di droghe) che nulla hanno a che fare con il crimine e che una volta uscite non hanno commesso nuovi reati. Sono diminuiti gli omicidi dell’11,7 per cento, le rapine del 13 per cento e i furti dell’1,5 per cento. Nella classifica degli omicidi, peraltro, l’Italia si posiziona al 157esimo posto, con un tasso di 0,9 omicidi ogni 100mila abitanti, il che rende il nostro uno dei Paesi più sicuri al mondo.

Il dato su cui dobbiamo migliorare molto è quello sulla custodia cautelare, per la quale è recluso il 34,8 per cento dei detenuti. La media europea è ben al di sotto e si assesta al 21 per cento. Un effetto positivo nello “svuotamento” delle carceri è legato, secondo Antigone, alla sentenza della Corte costituzionale che ha di fatto cancellato la legge Fini-Giovanardi. Oggi si va molto meno frequentemente in carcere per motivi legati alle droghe, mentre sono aumentati i detenuti accusati di criminalità organizzata (6.903 nel 2014 contro 5.227 nel 2008). Sono tanti gli aspetti toccati dall’indagine, per i quali vi invitiamo a consultare direttamente il documento disponibile online.

Un altro aspetto su cui vogliamo però qui soffermarci è quello delle misure alternative alla detenzione, che in Italia hanno conosciuto un aumento progressivo dal 1992 al 2005, anno in cui l’entrata in vigore della legge “ex Cirielli” ha ridotto fortemente l’accesso a tali misure per i recidivi. Nel 2006 l’indulto ha portato a una drastica riduzione dei detenuti e quindi delle persone sottoposte a misure alternative, scese da circa 50mila a circa 10mila. I numeri sono tornati a cresce subito dopo, ma hanno subito una flessione negli ultimi anni, il che, unito al fatto che la popolazione carceraria nel suo complesso sta diminuendo, significa che si sta ricorrendo poco a questo tipo di soluzioni per scontare la pena.

Da ultimo colpiscono due dati, ossia il tasso di suicidi e il costo del sistema (dato principalmente dagli stipendi del personale). Nel 2014 sono stati 44 i detenuti che si sono tolti la vita in carcere. A fronte di ciò, l’Italia è tra i Paesi che spendono di più per mantenere il sistema carcerario, circa 150 euro al giorno per detenuto. Di questi, solo 11,50 euro servono a garantire mantenimento, assistenza, rieducazione e trasporto delle persone incarcerate. La maggior parte della spesa è riservata al pagamento del personale, che comprende 45.772 unità. Se consideriamo che i detenuti sono poco più di 53mila, si tratta di una cifra enorme (negli altri Paesi normalmente si stabilizzano intorno alla metà della popolazione carceraria).