Il mondo delle pubblicazioni scientifiche vive in costante contraddizione tra la spinta verso la diffusione della conoscenza e le logiche commerciali degli editori. Da un lato i ricercatori hanno bisogno di pubblicare su riviste che godano di buona reputazione (cioè con un alto impact factor), in modo da aumentare la propria popolarità e quindi fare avanzare la propria carriera in un mondo altamente competitivo. Dall’altro lato, gli editori hanno tutto l’interesse a non modificare l’attuale sistema, che garantisce loro margini di guadagno molto ampi. In tutto questo non bisogna dimenticare che la ricerca scientifica dovrebbe essere volta ad ampliare le conoscenze nei diversi ambiti in cui si svolge. È importante quindi che i processi di pubblicazione non siano troppo lenti e che quante più persone possano accedere agli articoli gratuitamente, o a condizioni ragionevoli. Il tutto non può ovviamente avvenire a discapito della qualità dei contenuti, e il metodo della peer review non è al momento in discussione. Certo i problemi non mancano, se si pensa che un’associazione americana aggiorna quotidianamente un database che tiene traccia di tutti gli articoli che vengono ritirati o comunque messi in discussione da successive verifiche. Qui emerge uno dei motivi per cui è importante che gli articoli siano il più possibile accessibili: più persone vi hanno accesso, più è facile che eventuali errori, falsificazioni o manipolazioni vengano alla luce. Se si resta nell’attuale sistema chiuso, in cui tutti pagano per tutto (chi pubblica e chi legge), tutto il mondo scientifico non potrà che perderci. Ma le implicazioni vanno oltre l’ambito dei professionisti: basta pensare al campo della medicina. Ogni ricerca la cui pubblicazione viene ritardata per i lunghi processi editoriali in atto, o che non riceve adeguata diffusione, può portare a un rallentamento nella cura di certe patologie, o al fatto che a un paziente sia negata la scelta di sottoporsi a un nuovo trattamento, semplicemente perché il mondo scientifico ne é all’oscuro.
Nuove forme di accesso
Un interessante e approfondito articolo pubblicato sul sito di Internazionale spiega quali sono i principali problemi di questo sistema e le possibili soluzioni che si stanno esplorando. Vediamo di seguito come vengono descritte due proposte, chiamate green open access e gold open access. «La prima dà la possibilità di depositare la bozza finale di un articolo – rivista dagli altri studiosi – negli archivi aperti degli istituti di ricerca e delle università. In questo modo chi non è abbonato potrà leggere un articolo molto simile a quello che poi sarà pubblicato. Tuttavia, spesso le riviste chiedono di aspettare alcuni mesi prima di rendere disponibile la bozza negli archivi aperti. Il gold open access prevede invece una pubblicazione immediatamente accessibile a chiunque, ma che ha un costo. Gli autori devono infatti pagare gli editori se vogliono pubblicare così i loro articoli, e le tariffe possono essere anche alte. La rivista medica The Lancet, per esempio, chiede cinquemila dollari, mentre Nature communications 4.290 euro. Non tutte le riviste open access fanno pagare per pubblicare. Secondo il database Doaj, solo il 26 per cento di questi giornali, escluse le riviste ibride, chiede il pagamento di una commissione. Negli altri casi i costi sono coperti, come nel caso delle riviste universitarie, da fondi messi a disposizione dalle istituzioni». Le strade illegali per accedere ad articoli a pagamento non mancano, ma in questa sede sorvoliamo. In chiusura segnaliamo un metodo semplice, legale e quasi sempre di successo per ottenere un articolo: inviare una mail a uno dei ricercatori che vi hanno lavorato e chiedergli un pdf. Vale solo per i ricercatori ancora in attività, ma è già qualcosa.
(Foto di Trust “Tru” Katsande su Unsplash)