Una micro casa editrice un po’ assurda della Brianza (con sede a Osnago, provincia di Lecco, non più di 50 chilometri da Legnano) ha appena festeggiato le diecimila pubblicazioni. Per marcare il punto di svolta, invece di organizzare grandi eventi, Pulcinoelefante (così si chiama) ha cominciato a numerare in senso decrescente le pubblicazioni successive. È solo una delle stranezze di questa storia affascinante, raccontata da Andrea Kerbaker sulla Domenica del Sole 24 Ore di ieri.

In una piccola località tra Milano e Lecco, la poesia ha fatto diecimila. È successo nel paesino brianzolo di Osnago, dove qualche giorno fa Alberto Casiraghi ha stampato il decimillesimo titolo dei suoi mitici Pulcinielefanti, un librino di Maria Mulas intitolato Ritratti; che sono poi sono solo due, anzi uno: il selfie dell’autrice con lo stesso Casiraghi davanti a una famosa opera della fotografa, che chiosa: «Attraverso i ritratti conosco gli altri e me stessa».

Editore eccentrico par excellence, Casiraghi ignora la parola autopromozione: ragion per cui l’anniversario è passato del tutto inosservato; mentre tutti i veri amici della bellezza dovrebbero conoscerlo e celebrarlo. I libretti ideati a Osnago, infatti non sono come gli altri, ma un unicum che ne fa altrettante opere d’arte: Casiraghi li stampa rigorosamente a mano, con un torchio dei tempi andati, su carte speciali fabbricate in Germania, poi cucite, illustrate e confezionate sempre a mano. Il metodo di Gutenberg, insomma, a quasi 600 anni dalla sua invenzione, e a dispetto di tutte le tecnologie che oggi fanno andare in pensione le professioni che fino a tre quarti del ’900 hanno fatto i libri e le riviste del mondo.

Anche il giovane Casiraghi, negli anni Settanta, faceva parte della schiera dei tipografi, alla Same di Milano, dove, come generazioni e generazioni prima di lui, ha fatto la conoscenza con i caratteri in piombo. Ma, mentre i suoi colleghi si convertivano alla fotocomposizione e alle stampanti laser, lui si sentiva troppo vocato a quell’attività manuale, parente prossima dell’artigianato che da noi sta sempre alla base delle imprese migliori. E quindi, dopo essersi licenziato, ha pensato bene di proseguire quel lavoro in proprio, convertendo la sua piccola abitazione monofamiliare. Il salotto? Inutile orpello: meglio metterci la macchina per la stampa, recuperata da una di quelle tipografie in fase di smantellamento. I caratteri in piombo invece arrivano da un altro grande di quel mondo, il tipografo Giorgio Lucini, che gliene ha donati interi cassetti, oggi ospitati in cucina. La stessa dove Casiraghi è felice di offrirti un caffè, cucinare un risotto, mentre cuce a mano i libretti, con una manualità da fare invidia a un sarto. E racconta la formula, invariata da 35 anni: per ogni libro un testo breve o brevissimo – una poesia, un pensiero, un aforisma – e un’illustrazione, un disegno, un’incisione, una foto. La tiratura è compresa tra venti e trenta copie, equamente divise tra editore e autore, che le riceve in omaggio. 10mila opere così, che da oggi hanno iniziato un viaggio a ritroso, perché raggiunto il traguardo la numerazione ha iniziato a scendere.

Già così, l’impresa si raccomanderebbe da sola. A renderla irripetibile ci ha pensato la pletora di autori che negli anni si sono avvicendati in questa casa: da Sebastiano Vassalli, che veniva ogni estate a ferragosto, a Gillo Dorfles, che c’è venuto prima e dopo i cent’anni, da Roberto Cerati, anima della Einaudi, alla filologa Maria Corti. E poi poeti, poeti, poeti: Franco Loi e Giancarlo Consonni, Vivian Lamarque o Valerio Magrelli. Su tutti, Alda Merini.

Dei diecimila libri, più di mille sono suoi: altrettante poesie, che forse lei non sapeva neppure di aver composto («A volte me le dettava così, all’impronta»). Sulla Merini, visitata centinaia di volte nella casa sui Navigli, Casiraghi potrebbe scrivere un’intera biografia per aneddoti; sarebbe un libro originalissimo, capace di raccontare l’incontro di due anime poetiche a Milano e in Brianza, che per fortuna non sono solo quelle del Capitale umano, crudele film di Virzì.

I testi non si limitano a quelli di letterati doc: a sfogliare l’immenso catalogo c’è di tutto, perfino Renato Zero o Beppe Grillo, quando però faceva solo il comico. E lo stesso Casiraghi, naturalmente, instancabile confezionatore di aforismi, spesso di ironia fulminante: Dico molte bugie quando trovo poche verità importanti; oppure Ciliegia sei distratta! Non ti accorgi che ti sto mettendo in bocca. Un’ironia che, nella migliore tradizione del genere, sfocia nel surreale, da Quando non so più che pesci pigliare provo con le balene a Se proprio dovrò morire lo farò in modo incontrollato.

Ad accompagnare i testi, illustratori di ogni tipo e genere, che includono nomi noti come Giorgio Matticchio, Emilio Tadini o il fotografo Luca Carrà; talvolta ci sono stati anche personaggi inattesi come Maurizio Cattelan, che da giovane ha anche pernottato nella casa-tipografia di Osnago, su un divano molto gualcito. «Pensa quanto varrebbero oggi le plaquettes che contengono una sua opera», scherza Casiraghi, che vende qualsiasi libretto a un prezzo fisso di dieci euro, senza deroga. E va bene che i costi fissi del Pulcinoelefante sono piuttosto limitati, diciamo pure inesistenti, ma di sicuro con questi numeri siamo quasi alla pura sussistenza. Non sono preoccupazioni che possano turbare l’anima di un vero poeta. Infatti, tra tanti lirici veri o immaginari, il più poeta qui è, lui, l’editore di un libro al giorno, privo di guadagni, convinto com’è che la migliore ricompensa per la sua attività siano le infinite possibilità di incontri che comporta: artisti di una vita e di un giorno, casalinghe disperate, intellettuali un po’ folli o ragazzi in divenire. Ma anche, un tempo, il cardinal Ravasi, che – nato da queste parti, a Merate – conosce bene Casiraghi, tanto da essere definito “il Ravasone”, un po’ per rispetto, un po’ per il ruolo apicale ricoperto a Roma.

Di recente, tra queste stanze si è aggirato anche il più poetico dei nostri registi di cinema, Silvio Soldini, che a Casiraghi ha dedicato un intenso documentario, Il fiume ha sempre ragione. Un film per pochi, presentato in innumerevoli città, dove l’editore è puntualmente stato invitato. «Ma pensa che bella cosa», dice con la sua voce tranquilla; e non sa che la cosa davvero bella è capitata a chi lo ha potuto incontrare, poetica anima fuori dal tempo in un mondo che di poesia sa davvero poco.

Fonte foto: Facebook