Anche l’Europa ha un cuore, e ha cominciato a battere da poco. O almeno così pare, guardando ciò che accade ogni domenica nelle piazze di alcune città (Francoforte, Parigi, Amsterdam, Berlino, ecc.). Il movimento Pulse of Europe (il “battito dell’Europa”), a favore del rilancio del progetto europeo e contro la rinascita dei nazionalismi, organizza raduni di piazza per unire più persone possibili. «Perché in fin dei conti non c’è alcuna alternativa all’Unione europea e si potrà riformare solo ciò che continua a esistere!». Così dichiara il fondatore del movimento, l’avvocato di Francoforte Daniel Röder.
L’idea alla base è che, pur con tutti i difetti che le si possono imputare, l’Unione europea è un’istituzione da supportare, quindi si vuole dare un messaggio positivo: invece di accalcarci tutti all’uscita, restiamo dentro e lottiamo per cambiare ciò che non ci piace. Pulse of Europe non è dunque un movimento schierato politicamente o destinato a diventare un partito: vuole solo restare ciò che è, allargando il consenso e il supporto. Detta così suona come un’idea un po’ vaga. Pur dichiarando di non avere obiettivi politici, in realtà sul loro sito si trova una frase che contraddice questo principio: «Abbiamo un obbiettivo ambizioso: radunare in Europa il maggior numero possibile di persone che supportano l’Europa, e che contribuiscono supportando le forze pro-Europa, così che queste possano prevalere anche dopo le elezioni. In questo modo possiamo congiungerci in una catena umana attraverso l’Europa, che congiunga i Paesi tra di loro».
Tra i principi ispiratori di Pulse of Europe c’è un’idea di solidarietà tra Paesi che consiste anche nel pensarsi come “europei”, andando oltre le frontiere soprattutto sui temi sociali. Tali idee si ritrovano nelle parole di Alexander Knigge (tra gli organizzatori del movimento), in un articolo del Tageszeitung, tradotto da Vox Europ: «Vorrei che i cittadini dei diversi paesi si comportassero in modo più solidale l’uno verso l’altro. Il futuro di un giovane disoccupato in Italia dovrebbe starci tanto a cuore quanto quello di un giovane della Bassa Sassonia». Sulla trasversalità di Pulse of Europe si esprime Röder, in un’intervista realizzata da Vox Europ: «Pulse of Europe è aperto a tutti coloro che credono nell’idea di una Europa unita, indipendentemente dall’appartenenza a un partito politico, a un credo religioso o a una classe sociale. Considerate le sfide che ci attendono nel futuro, il modo di vedere “dall’alto verso il basso” o viceversa non permette di andare avanti e di risolvere i problemi. Non importa da chi e da dove vengano prese le iniziative, l’importante è che ci siano».
È chiaro comunque che a portare l’attenzione verso questo movimento sono le varie tornate elettorali che si stanno susseguendo in tutta Europa. Le prossime saranno quelle francesi, e a dare credito ai sondaggi c’è poco da stare sereni per i più europeisti. «Non sappiamo ancora con quale formula Pulse of Europe procederà dopo le elezioni presidenziali francesi. Ascoltiamo le aspettative della gente che si è rivolta a noi e le mettiamo in atto con la responsabilità che ci conferiscono». Sembra che lo spirito sia quello di una nuova fondazione dell’Unione, più in linea con il Manifesto di Ventotene che con la rigida impostazione burocratica alla quale ci siamo abituati nel corso dei decenni. Allora furono prigionieri politici mandati al confino a immaginare un’Europa unita. Oggi la composizione è più variegata. «Alle manifestazioni della domenica partecipano molte persone dall’aria benestante. Indossano lunghi cappotti e occhiali dalla montatura spessa. L’atmosfera è radical chic. Uno dice “pardon”, quando si fa strada tra le fila».
È presto per dire se questo movimento sfocerà in qualcosa di più concreto e strutturato. Forse si rivelerà un’iniziativa naive e la sua spinta propulsiva si spegnerà nel volgere di qualche mese. Dipenderà anche da come andranno le prossime elezioni. Pulse of Europe si presenta come movimento per qualcosa e non contro, ma di certo Brexit e Trump sono elementi che danno vigore a un certo tipo di sentimenti. Paola Peduzzi, sul Foglio, prova ad analizzare il fenomeno, con qualche speranza ma anche delle perplessità: «Qualcosa non torna in questo primo bilancio di popolo, visto che alcuni paesi sembrano al momento impermeabili al contagio (piccolino) europeista. Si riempiono piazze in tutta la Germania, in un pezzettino di Olanda e in qualche angolo di Francia. Per l’Italia per ora vincono i rimpianti, e i rancori».
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