Le intenzioni del governo per la ripresa delle scuole sembrano fondati sulla base di tre assunti fondamentali: non si torna in classe prima di settembre, tutti ammessi agli esami di maturità, un piano di recupero a inizio anno scolastico per chi è rimasto indietro. Un piano non certo ambizioso. Siamo sicuri che non ci siano altre strade per assicurare una ripresa della didattica più efficace e che non lasci indietro nessuno? Viene da chiedersi come conciliare una graduale ripresa delle attività produttive e commerciali con una prolungata chiusura delle scuole. Come possono i genitori occuparsi dei tanti minori costretti a casa fino a settembre, se devono intanto tornare al lavoro? Non tutti possono lavorare da casa e, se anche possono farlo, dovranno limitare le ore lavorate, proprio per dedicarsi ai figli. Ci sono paesi, come la Danimarca e la Germania, in cui le scuole hanno già riaperto (e se ne parla anche nel Regno Unito). Si stanno sperimentando strategie diverse, oltre al distanziamento sociale e alle mascherine: il tracciamento rigoroso dei contatti di chi si ammala, la divisione degli studenti in piccoli gruppi che hanno contatti solo tra di loro (la strategia delle cosiddette “bolle protettive“), ecc. Misure sperimentali, che stanno dando buoni risultati: non si registrano nei due paesi nuove ondate di casi di coronavirus. Il problema è che quando non hai un piano, l’unica opzione è puntare sulla precauzione massima: se tutti stiamo a casa, nessuno si ammalerà. Ma il lockdown dovrebbe essere una misura provvisoria e contenitiva del problema, non risolutiva.

Per molti studenti la didattica a distanza non è mai iniziata

Con il solo affidarsi alla didattica a distanza, non si tiene conto delle enormi disuguaglianze che questo sistema contribuisce a creare o ad acuire: «Secondo i dati dello stesso ministero, il 6 per cento di tutti gli studenti non accede a nessun tipo di didattica online, perché non offerta dagli insegnanti o perché non arriva la linea – ha scritto Chiara Saraceno su Lavoce.info –. Anche tra chi vive in zone servite da internet molti non possono davvero fruirne, perché in casa l’unico modo di accedere a internet è uno smartphone, che spesso deve essere usato da più persone. Secondo i dati Istat, il 12,3 per cento dei ragazzi tra 6 e 17 anni (850 mila in termini assoluti) non ha un computer o un tablet a casa. La metà di chi non ne ha uno si trova nel Mezzogiorno, dove il problema riguarda quasi il 20 per cento dei ragazzi. Il 57 per cento di chi ne possiede uno, inoltre, lo deve condividere con altri». Per molti studenti, insomma, l’anno scolastico è già finito da un pezzo. Rimandare il problema a settembre significa lasciarli indietro, non occuparsi del loro ritardo educativo. La lunga pausa estiva prevista in Italia per le scuole causa di per sé la perdita di una discreta parte delle conoscenze acquisite durante l’anno. In un contesto come quello attuale, il problema non può che aggravarsi. «L’approccio “tutti promossi” diventa facile e quasi pilatesco se non è accompagnato da forti misure di sostegno ai più deboli – ha scritto Fabrizio Zilibotti su Lavoce.info –. Le lacune educative accumulate in questo periodo non verranno cancellate da una valutazione frettolosa o benevola e si ripresenteranno con prepotenza nei gradini successivi dell’esperienza educativa e lavorativa. […] Si creino percorsi formativi estivi di sostegno in parte obbligatori e in parte riservati agli studenti maggiormente bisognosi. Si facciano rigorose valutazioni degli studenti alla fine dell’estate finalizzate a continuare in forma selettiva il sostegno nel corso dell’anno scolastico seguente: le vacanze estive non possono essere una priorità». La sensazione è che, come in molti altri ambiti della società, non ci sia un vero e proprio piano d’azione, nonostante siano passati ormai mesi dall’inizio dell’epidemia. In questo modo rischiamo però che alla ripresa dell’anno scolastico, a settembre, ci si trovi ancora impreparati a gestire la situazione. Vincenzo Sorella, su Doppiozero.com, pone al Ministero alcune domande, che facciamo nostre: «a) quali azioni sistemiche si intendono porre in essere il prossimo anno scolastico per recuperare alla socializzazione e all’apprendimento milioni di studenti? […] b) come verranno gestite le transizioni scolastiche dai diversi ordini di scuola, ma anche dal biennio al triennio delle superiori, che sappiamo essere generatori di dispersione scolastica? […] c) perché, se la prospettiva è di proseguire con la didattica a distanza, non dotarsi di una piattaforma pubblica, sul modello francese del CNED senza appaltare alle multinazionali del settore

(Foto di Sharon McCutcheon su Unsplash)