
Una delle questioni lasciate in sospeso dopo l’approvazione della Legge di stabilità 2014 è il destino delle “partite iva”. Ossia i freelance (o finti tali, che in realtà lavorano per un unico committente che di fatto è il loro datore di lavoro) che si trovano in una condizione di grande mancanza di tutele. Oltre ai problemi già noti (e agli incrementi delle aliquote contributive previsti nella legge), pende sul futuro di questi lavoratori un aumento più consistente della pressione fiscale a partire dal 2018. La testata online formiche ricostruisce la situazione e gli scenari futuri.
Nel corso degli anni Novanta e Duemila i richiami e gli appelli al “popolo delle partite Iva” risuonavano nei comizi e interventi pubblici delle forze politiche che si proclamavano riformatrici, a volte rivoluzionarie. Ma le aspirazioni a farsi interpreti del moderno “Terzo Stato” dei lavoratori autonomi e non garantiti sono crollate miseramente alla prova dei fatti.
Promesse tradite
Nessuna delle formazioni in cui hanno creduto milioni di persone animate dal sogno di divenire “imprenditrici di se stesse” ha fornito loro una credibile rappresentanza istituzionale.
Non lo hanno saputo fare Lega Nord e Forza Italia. Né il Movimento Cinque Stelle che nel voto del febbraio 2013 raccolse a sorpresa la rabbia e le istanza di un ceto produttivo fondamentale quanto soffocato da fisco e burocrazia intollerabili.
E finora neanche il Partito democratico di Matteo Renzi, che ne conquistò la fiducia nelle elezioni europee del maggio scorso, è stato in grado di rispondere alle loro attese. Chi ha sollevato per primo e con forza a livello giornalistico il tema delle partite Iva – dopo le novità introdotte dal governo – è stato il Corriere della Sera con la penna di Dario Di Vico.
Un regime fiscale penalizzante
Come ricostruito dal giuslavorista Giuliano Cazzola, la Legge di stabilità approvata da governo e Parlamento per il 2015 ha profondamente cambiato il regime tributario e previdenziale a carico dei liberi professionisti attivi al di fuori di ordini: formatori, ricercatori, informatici, consulenti, fornitori di imprese e Pubblica amministrazione.
Al posto della tassa del 5 per cento applicata per tutti i redditi fino a 30mila euro annui, viene introdotta un’imposta del 15 per cento sui guadagni compresi tra 15mila e 40mila euro. Nel nuovo assetto, peraltro, i costi sostenuti per svolgere l’attività lavorativa non vengono calcolati con precisione ma soltanto supposti.
Sgravi tributari e contributivi a vantaggio di commercianti e artigiani
La replica di Palazzo Chigi è stata repentina. Perché la soglia dei 15mila euro di reddito annuo è il requisito per beneficiare degli sgravi fiscali e contributivi pari a 800 milioni previsti nella manovra finanziaria.
Peccato che, rimarca l’esperto Cazzola, il 60 per cento di tali risorse – 520 milioni di euro – andranno a favorire esclusivamente di artigiani e commercianti. Rispetto a benefici evidenti per una parte del lavoro autonomo, migliaia di professionisti free lance impegnati nei comparti a elevata creatività e innovazione tecnologica hanno ricevuto un’ulteriore beffa.
L’incremento secco dei versamenti per le pensioni
La Legge di stabilità prevede infatti l’aumento secco dal 27 al 30,72 per cento dei contributi che essi devono versare alla gestione separata dell’Istituto nazionale di previdenza sociale.
Una cifra che viene sottratta direttamente dal fatturato annuo. Nettamente superiore rispetto a quanto dovuto da tutti gli altri lavoratori autonomi – il 24 per cento a regime – dal 25 versato dai loro colleghi dipendenti, dal 26 delle persone inquadrate in ordini professionali che pure hanno subito un aggravio a confronto con il 20 per cento precedente.
La beffa del 2018
Ma non è tutto. Nel 2018 per il “popolo delle partite Iva” dovrebbe scattare un ulteriore inasprimento dell’aliquota contributiva, che raggiungerebbe il 33,72 per cento del reddito.
Un trattamento punitivo, che non trova plausibili giustificazioni economiche e contabili. Anche perché nello stesso tempo non è previsto nessun meccanismo premiale per chi è completamente rintracciabile nei pagamenti e contribuisce perciò a combattere evasione ed elusione fiscale.
Governo pronto a intervenire?
L’esecutivo sembra aver maturato la consapevolezza del problema e del grave errore compiuto. Coerentemente con le parole già pronunciate al termine del 2014 dal premier, il responsabile del Welfare Giuliano Poletti spiega che «il governo correggerà il tiro sulla tassazione e i contribuiti per i lavoratori partite Iva». Provvedimento che è «all’ordine del giorno e verrà promosso presto, senza attendere la prossima manovra di bilancio».
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