Alcuni giorni fa l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha diffuso i risultati di uno studio secondo cui il bilancio delle vittime associate, direttamente o indirettamente, alla pandemia da COVID-19 tra l’1 gennaio 2020 e il 31 dicembre 2021 è stato di circa 14,9 milioni di morti (con un intervallo di confidenza tra 13,3 e 16,6 milioni).

Lo studio è stato coordinato dall’Oms assieme al Dipartimento sulle questioni economiche e sociali delle Nazioni unite ed è molto importante perché, oltre a provenire da una fonte autorevole e affidabile, supera le cifre ufficiali comunicate dalle autorità dei vari paesi mondiali di circa 2,7 volte.

La stima è stata fatta nella maniera che finora si è dimostrata più accurata, ossia sulla base dell’eccesso di mortalità stato per stato, calcolato come differenza tra il numero di morti che si sono verificate e il numero che ci si sarebbe aspettati in assenza della pandemia, sulla base dei dati degli anni precedenti. La stessa metodologia applicata dall’Istat nei mesi scorsi per avere un conteggio più realistico di quanto accaduto in Italia.

Uno dei problemi delle cifre ufficiali è che, soprattutto nella prima fase della pandemia, i tamponi che venivano effettuati erano molto pochi. Quindi molte persone si ammalavano di COVID-19, e purtroppo in certi casi ne morivano, senza mai essere testate.

Un altro problema è che alcuni stati sembra stiano facendo di tutto per minimizzare l’impatto della pandemia sulla propria popolazione, per questioni di immagine e prestigio internazionale. Tra questi l’India, che infatti ha già contestato i dati, come ha spiegato Nature. «L’Oms stima che le morti per pandemia nel paese nel 2020 e 2021 siano state tra i 3,3 e i 6,5 milioni: circa 10 volte il numero ufficiale diffuso dall’India per lo stesso periodo, cioè 481.000. L’India ha condiviso i suoi dati nazionali per il 2020 con l’OMS solo il 4 maggio, e ha negoziato sulle cifre per mesi, ha detto a Nature una fonte coinvolta nel lavoro dell’Oms che ha voluto rimanere anonima per la delicatezza politica della questione».

La maggior parte delle morti in eccesso (84 per cento) sono concentrate nel Sudest asiatico, in Europa e nelle Americhe, spiega l’Oms. Circa il 68 per cento delle morti in eccesso sono concentrate in soli dieci paesi a livello globale. I paesi a medio reddito rappresentano l’81 per cento del totale (53 per cento nei paesi a medio-basso reddito e 28 per cento nei paesi a medio-alto reddito), con i paesi ad alto reddito e a basso reddito che rappresentano rispettivamente il 15 e il 4 per cento.

Per quanto notevoli, tali stime non sono le peggiori in termini numerici. Prima dell’Oms, l’Economist aveva stimato tra i 12,3 milioni e i 21,3 milioni le morti in eccesso nel 2020 e 2021. Un terzo contributo era arrivato da parte dell’Institute for Health Metrics and Evaluation di Seattle, che ha calcolato le morti in eccesso per il periodo tra 17,1 milioni e 19,6 milioni. Le differenze si devono ai diversi modelli statistici utilizzati.

Le difficoltà nel fare questo tipo di stime è che molti paesi hanno difficoltà anche solo a comunicare il dato sulle morti, quindi anche su questo si rende necessario applicare dei modelli molto complessi.

Si tratta di un dato non definitivo dunque, che probabilmente avrà bisogno del contributo di ulteriori studi e ricerche affinché si arrivi a una cifra sempre più affidabile. In ogni caso si tratta del terzo grande studio a confermare che il contesto fotografato dalle cifre ufficiali è molto parziale, e che l’impatto reale della pandemia in termini di vite umane è stato molto più alto di quanto pensiamo.

(Foto di Vladimir Fedotov su Unsplash)

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