295,66 contro 114. Il primo numero esprime il costo medio dei conti correnti bancari in Italia. Il secondo, anche. A cambiare sono i soggetti che dichiarano le stime. Manco a dirlo, la cifra più alta è stata rilevata da uno sguardo esterno, e quindi più imparziale, quello della Commissione europea. Quella più bassa dall’associazione che riunisce gli istituti bancari italiani, l’Abi. Altra coincidenza, quel 114 è proprio il livello medio europeo rilevato dalla Commissione, e quindi per quest’ultima i costi sostenuti dai correntisti nel nostro Paese sarebbero quasi il doppio del resto dei cittadini europei, mentre per l’Abi saremmo esattamente agganciati alla media dell’Unione. Fatto sta che alcune settimane fa l’Antitrust ha avviato un’indagine per verificare quanto siano giustificati i costi allo sportello e quelli per la chiusura dei conti. Pare infatti che, nonostante gli annunci di una maggiore spinta verso la concorrenzialità tra istituti, alla fine il peso sulle spalle dei correntisti non sia calato negli ultimi anni, anzi.
Già nel 2009, dopo l’abolizione della commissione di massimo scoperto, l’Antitrust faceva notare al Governo che le banche erano riuscite ad aggirare la norma introducendo altri tipi di spese, ancora pià aspre, che avevano permesso loro di rientrare del mancato guadagno. «La Commissione – ha spiegato Gianfranco Torriero, capo del centro studi di Abi – richiama un’indagine non corretta, perché usa solo i prezzi massimi di listino, include le tasse, non contempla i conti “a pacchetto”». Va bene, ma immaginiamo che la Commissione abbia utilizzato gli stessi criteri per la rilevazione in tutti i Paesi presi in esame, quindi come si spiega una differenza così abissale tra la sua rilevazione e quella dell’Abi? Secondo Andrea Greco su Repubblica.it, «Ponderando dati ufficiali, ricerche private, consumatori, non pare irrealistico un costo annuo medio sui 200 euro. Con l’aggiunta di 34,2 euro di bolli si arriva 234 euro, quindi 120 euro più dei 114 euro di costo medio Ue. Moltiplicato per 35milioni di c/c italiani fa 4,2 miliardi di euro, corrispondenti al sovrapprezzo italiano, di cui 1,2 miliardi all’erario, il resto (3 miliardi) è costo paese bancario».
Le banche si giustificano dicendo che con questo sistema non sono costrette a investire i soldi dei risparmiatori in fondi con alti rendimenti ma forti rischi. Ma quando c’è stato bisogno di aiuto per arginare la crisi economica che ancora stiamo attraversando gli aiuti dallo Stato (e quindi dai contribuenti) sono arrivati. Ed è di questi giorni la notizia che il Governo starebbe pensando a un fondo per “salvare” le imprese italiane dalle scalate straniere, e questa risorsa potrebbe andare anche in aiuto alle banche. Spesso si stigmatizza il comportamento dell’uomo “moderno”, abituato a vivere al di sopra delle proprie possibilità, in condizioni che non potrebbe permettersi se non pagando con i soldi che guadagnerà. Le banche da sempre fanno lo stesso, e nei momenti di crisi possono contare su risorse aggiuntive, mentre l’uomo “moderno”, come quello del passato, continua a fare i salti mortali per far quadrare i conti.