Negli ultimi tempi, a seguito di un articolo pubblicato su Science, sono state sollevate preoccupazioni sul potenziale pericolo di sviluppo di una pandemia di influenza aviaria, in particolare con la diffusione del virus H5N1 negli Stati Uniti. Mentre alcuni media hanno suggerito che una singola mutazione potrebbe scatenare una pandemia globale tra gli esseri umani, alcuni esperti chiariscono su The Conversation che la situazione è più complessa. Attualmente non esistono infatti prove di trasmissione da uomo a uomo dell’influenza aviaria, nota anche come H5N1.

La barriera fondamentale per il virus è il modo in cui esso si lega alle cellule dell’ospite. I virus dell’influenza aviaria si legano a recettori di “tipo aviario”, mentre i virus dell’influenza umana si legano a recettori diversi, abbondanti nel nostro tratto respiratorio superiore. Per diffondersi tra gli esseri umani, il virus dell’influenza aviaria deve prima essere in grado di attaccarsi ai recettori umani. Uno studio, spiega The Conversation, ha dimostrato che una singola mutazione nella proteina emoagglutinina dell’H5N1 gli permette di legarsi ai recettori umani in condizioni di laboratorio. Tuttavia, questo non significa automaticamente che una pandemia sia imminente.

Il virus H5N1 è emerso nel 1996 e da allora si è diffuso in tutto il mondo, infettando centinaia di specie di uccelli e mammiferi. È stato rilevato in un’ampia gamma di località, tra cui l’Antartide, ed è stato trovato in varie specie, tra cui, alla fine di marzo 2024, le mucche, considerate un serbatoio inaspettato. Da allora negli Stati Uniti sono stati registrati più di 900 casi in allevamenti di bestiame da latte in 16 Stati. Questa ampia diffusione ha portato alcuni a considerarla una pandemia nel mondo animale, o panzootica. Anche le infezioni degli uccelli selvatici e degli allevamenti di pollame sono state diffuse, portando alla morte di oltre 100 milioni di uccelli negli Stati Uniti.

Mentre le infezioni umane sono ancora per lo più sporadiche, sono stati segnalati più di 900 casi in tutto il mondo, con tassi di mortalità superiori al 30% nei casi ospedalizzati. Negli Stati Uniti, alcuni casi sono stati collegati al contatto con mucche da latte infette. La maggior parte dei casi umani è stata lieve, con sintomi quali congiuntivite, febbre e problemi respiratori. Negli Stati Uniti non è stata finora identificata alcuna trasmissione da uomo a uomo.

Secondo The Conversation, affinché l’H5N1 diventi pandemico, deve migliorare la sua capacità di legarsi ai recettori umani, di diffondersi nell’aria e di moltiplicarsi all’interno del corpo umano. Deve inoltre eludere il sistema immunitario umano. Alcune persone possono avere una certa protezione grazie al contatto precedente con virus simili o alla vaccinazione.

È importante notare che il sequenziamento dei virus H5N1 provenienti da casi statunitensi non ha rivelato cambiamenti che indichino un adattamento all’uomo. Inoltre, una mutazione che migliora il legame con i recettori potrebbe anche indebolire altre funzioni del virus.

Gli esperti sottolineano l’importanza della biosicurezza negli allevamenti, di una maggiore sorveglianza veterinaria e del coordinamento tra i settori della salute pubblica e animale. Le misure per proteggere i lavoratori esposti agli animali infetti sono fondamentali. È importante anche la ricerca di nuovi approcci terapeutici e di vaccini universali. Il virus H5N1 potrebbe non essere sul punto di causare una pandemia ma, avvertono gli esperti, non si sta nemmeno allontanando da questo potenziale. Esiste anche il rischio di riassortimento dei virus aviari e umani se una specie suscettibile, come i suini, viene infettata da entrambi contemporaneamente, con la possibilità di creare un ibrido più pericoloso per l’uomo.

(Foto di Etienne Girardet su Unsplash)

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