È talmente ampio il ventaglio di argomenti affrontati nell’ultimo rapporto Coop sui consumi degli italiani, che risulta difficile trarne un quadro complessivo. C’è chi ha voluto mettere in risalto alcuni dati per poter dipingere gli italiani come «palestrati e iper-connessi», chi ha sintetizzato parlando di un’Italia «magra, astemia e senza fede», chi ancora ha parlato di italiani «magri – ancora una volta –, vegetariani e ciclisti». Difficile insomma descrivere l’italiano tipo, anche perché è sempre una forzatura ridurre la complessità di un’intera popolazione a un titolo di giornale. Per quanto sia innegabile che ci siano dei tratti caratterizzanti negli italiani, è impresa ardua descriverne i mutamenti senza attendere che la lente tempo aiuti a mettere a fuoco le macro differenze.
Detto questo, decidiamo (arbitrariamente) di porre l’accento su alcuni capitoli della ricerca che ci sembrano degni d’interesse, e che confermano alcune delle tendenze che cerchiamo di osservare quotidianamente su ZeroNegativo. Partiamo da un aspetto pragmatico, ossia il costo della crisi: il dato più colpito è il potere d’acquisto delle famiglie. Dal 2007 si calcola che questo sia caduto (a prezzi costanti) di circa 120 miliardi, di cui 45 miliardi come riduzione del flusso annuo di risparmio e 75 come minori consumi.
In questo calo dei consumi, purtroppo, è finita anche la sanità, anche a causa dei tagli che negli anni hanno colpito il sistema, scaricando sulle famiglie costi che un tempo erano sostenuti da Stato e Regioni. I 109 miliardi erogati dallo Stato al Servizio sanitario nazionale sono bilanciati dai 30 miliardi di spesa delle famiglie per la voce sanità del proprio bilancio. Da un confronto tra i livelli di spesa pubblica per la salute dei cittadini (espresso in dollari per abitante) in Europa, ci sono nove Paesi che superano l’Italia (ferma a 2.481 dollari per abitante) e altrettanti che invece spendono meno (vedi pag. 191). «Negli ultimi anni al trend decrescente della spesa pubblica si è affiancato una tendenza analoga anche per la spesa privata – si legge nel rapporto –. Tale tipo di comportamento naturalmente desta qualche preoccupazione, in quanto evidenzia come le famiglie nella riduzione dei livelli di consumo abbiano dovuto anche ridimensionare gli acquisti di medicinali e di servizi di tipo ambulatoriale, come le visite mediche effettuate privatamente. Il 2014 ha comunque visto una interruzione della fase di contrazione di questo tipo di spesa». Lo studio ricorda che le misure contenute nella Legge di stabilità prevedono «di ridurre le prestazioni inappropriate nell’ambito della specialistica ambulatoriale, rivedendo al ribasso i tetti di spesa annui imposti alle strutture private accreditate, tali da conseguire un risparmio del costo della spesa ambulatoriale. Questa misura comporterà necessariamente una riduzione dei servizi offerti ai cittadini, che dovranno scegliere se rinunciare alla prestazione oppure ricorrere al settore privato. Per queste ragioni, le critiche ai tagli alla spesa sanitaria hanno sottolineato soprattutto la questione della regressività delle misure».
Altro capitolo interessante della ricerca è quello sul rapporto tra gli italiani e il gioco d’azzardo. In molti giocano (15 milioni, il 38,3 per cento della popolazione adulta), e tra questi 900mila (il 6 per cento del totale) hanno sviluppato una forma di dipendenza dal gioco. A fare da corollario a questo dato preoccupante c’è quello dello sviluppo del mercato illegale del gioco. Le stime dicono che quest’ultimo sia arrivato a superare il livello di spesa assorbita (cioè i soldi spesi dai giocatori che non tornano indietro sotto forma di vincita) da quello legale: «La spesa destinata/assorbita dal complesso del gioco legale arriva a 17,5 miliardi (con un progresso dello 0,4% sul 2013). […] Le stime più recenti accreditano di un valore di 23 miliardi di euro l’anno il gioco illegale: un giro d’affari persino superiore a quello del gioco legale».
Terzo e ultimo capitolo di questa nostra arbitraria trattazione è quello relativo al consumo di droghe. A fronte di un’estate in cui i giornali non hanno perso occasione, partendo da un fatto di cronaca, per creare l’ennesima “emergenza” (insieme al grande caldo) in cui sembrava che un’intera generazione di giovani fosse caduta nel “tunnel” della droga, è emerso che si tratta di un fenomeno in contrazione: «Le tendenze più recenti documentano un calo dei consumi e dei consumatori, trasversale alla popolazione adulta e alle coorti più giovani, con la sola eccezione dei consumi di cannabis tra i più giovani, in crescita tra il 2013 e il 2014». Per quanto riguarda la cannabis, siamo di poco sopra alla media europea, e per la maggioranza dei giovani italiani essa andrebbe legalizzata e trattata al pari di tabacco e alcool.