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Il futuro del pianeta (e di chi lo abiterà) dipende dalla determinazione con cui i governi di tutto il mondo si impegneranno nella riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Questa la conclusione del rapporto sul cambiamento climatico pubblicato da Ipcc (Intergovernmental panel on climate change) il 13 aprile. «Oltre 10mila articoli scientifici sono stati analizzati da 235 autori e oltre 800 revisori per produrre un testo che offra indicazioni su come tagliare le emissioni di gas serra e fermare il global warming», scrive La Stampa.

La questione è nota da tempo, ma gli studi si fanno sempre più precisi e le conclusioni a cui man mano arrivano i ricercatori sempre più accurate e predittive. Già a settembre dell’anno scorso era stato pubblicato un altro studio in cui si dimostrava che il riscaldamento globale è influenzato dall’uomo. Ora esce un nuovo documento che torna sull’esigenza di procedere in tempi rapidi a un’uscita progressiva dalle vecchie fonti di energia (decarbonizzazione) per entrare decisamente in un’ottica di efficienza energetica e di sfruttamento di risorse rinnovabili. «Le modalità di cura sono tutte elencate nelle quasi mille pagine – prosegue La Stampa –: dall’eliminazione dei sussidi ai fossil fuel, alla carbon tax, dagli incentivi alle rinnovabili, a piani nazionali di efficientamento energetico, dall’innovazione del cleantech al mercato delle emissioni, dalle politiche di riforestazione ai piani per il clima per le città. Il report, per ragioni politiche, non dà tuttavia indicazioni precise sulle migliori strategie da adottare».

La soglia limite indicata dagli studiosi è l’aumento di 2 gradi centigradi della temperatura media del pianeta. Oltre quella, potremmo assistere a un’impennata di eventi atmosferici disastrosi, già descritti nel precedente rapporto. Per scongiurare tale quadro, l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 entro il 2020 è fallito, secondo tutte le previsioni. «Quindi il prossimo passo è arrivare al 2030 non superando la soglia dei 50 miliardi di tonnellate di anidride carbonica immessa in atmosfera. Spiega Massimo Tavoni, ricercatore della Fondazione Eni Enrico Mattei e del Centro EuroMediterraneo sui cambiamenti climatici, dove coordina gli studi economici sul cambiamento climatico e sviluppo sostenibile, e tra gli autori del rapporto tecnico del III gruppo di lavoro: “Ora siamo a quota 40 milardi, considerando tutti i gas serra. Bisogna agire su una decarbonificazione molto più rapida rispetto a quanto è stato fatto finora per arrivare almeno a un taglio del 50 per cento delle emissioni nel 2050”».

Ovviamente tutto ciò ha dei costi, ma è bene considerare che differire ancora le azioni necessarie a scongiurare il peggio ne avrà di ancora più alti. «Agendo rapidamente, la transizione da un’economia basata sui combustibili fossili a una low-carbon potrebbe costare tra 1 e 2 per cento del pil globale», spiega Carraro. «Già intervenendo a oltre il 2020 i costi potrebbero salire fino a 4-5 punti di pil. Infine secondo alcuni modelli analizzati nel report, se si iniziasse ad agire oltre il 2030 i costi sarebbero talmente elevati al punto che preservare i livelli di CO2 per tenere la temperatura sotto la soglia dei 2°C sarebbe impossibile». Non sono solo questioni ambientali o economiche, ma anche sociali, perché in caso di procrastinazione degli interventi a farne le spese sarebbero per primi i Paesi più arretrati economicamente: «La scienza parla chiaro – scrive Wired. Se si continuasse sulla strada che stiamo già percorrendo, i paesi in via di sviluppo e economicamente svantaggiati finirebbero con il pagare di più le manovre di mitigazione che a un certo punto bisognerà fare. La risposta ai cambiamenti climatici è quindi diventato ormai anche un problema di equità a cui non è facile trovare una soluzione». Prevediamo che non mancheranno resistenze da parte degli Stati ad adattarsi alle conclusioni degli studiosi, ma il messaggio è chiaro: non c’è più tempo da perdere, altrimenti non si torna più indietro. Vedremo cosa succederà nel 2015, quando si riunirà a Parigi la Conferenza Onu sui cambiamenti climatici.