di Federico Caruso

Dopo gli ennesimi cori ai danni di un giocatore di colore, è sempre più evidente che il calcio italiano ha un problema col razzismo. In particolare ci riferiamo a quelli che sono stati indirizzati da alcuni tifosi dell’Hellas Verona contro Mario Balotelli, giocatore del Brescia, nella partita che si è svolta domenica scorsa tra le due squadre a Verona. Balotelli ha reagito in maniera scomposta, scagliando il pallone verso la curva dell’Hellas Verona, visibilmente irritato. Come abbiamo raccontato in un post qualche tempo fa, le norme che avrebbero dovuto dare degli strumenti in più alla giustizia sportiva e ai club per contrastare questi episodi si stanno dimostrando inefficaci. In questo caso i meccanismi hanno funzionato. La dirigenza dell’Hellas ha vietato l’accesso allo stadio fino al 2030 al capo ultras che, dopo l’episodio, aveva fatto dichiarazioni ulteriormente discriminatorie nei confronti di Balotelli. Il giudice sportivo ha sancito la chiusura per un turno del settore dello stadio da cui sono provenuti gli insulti, mentre la procura di Verona ha avviato un’inchiesta per discriminazione razziale.

Dal coro razzista al danno d’immagine

L’episodio di domenica è però peculiare perché, nei giorni seguenti, si è sollevato un coro di polemiche a difesa del presunto danno d’immagine subito dalla città di Verona. Seppure su ZeroNegativo cerchiamo di prescindere dagli orientamenti politici quando trattiamo i diversi temi di cui ci occupiamo, in questo caso è d’obbligo premettere che la città di Verona, e la tifoseria “ultras” dell’Hellas, hanno un legame particolare con gli ambienti di destra ed estrema destra, e quindi certe dichiarazioni che stiamo per commentare sono probabilmente unite anche da questioni che prescindono dall’episodio, dallo sport, dalle opinioni individuali sull’accaduto. Questo spiega anche in parte come mai, da un episodio che si inserisce in un problema più ampio legato all’incapacità della Serie A di condannare e impedire episodi di razzismo negli stadi, si è passati a un confronto che ha un sapore molto politico. Il ribaltamento retorico, in ogni caso, è notevole. Dalla reazione di un giocatore, indignato contro alcuni tifosi (e forse con l’intera struttura del calcio italiano, per i motivi di cui sopra), si è passati a presentare come vittima un’intera città. Da un episodio di razzismo grave, in quanto non isolato, l’attenzione è stata del tutto spostata sull’immagine della città.

Spostare l’attenzione

Riprendiamo di seguito alcune dichiarazioni di esponenti politici che riflettono quella che sembra essere una strategia deliberata di diversione: «L’ex ministro leghista Lorenzo Fontana – scrive Repubblica – già ieri, aveva parlato di “una vergognosa gogna mediatica contro Verona e i suoi tifosi”. Posizione condivisa dal primo cittadino di Verona, Federico Sboarina e ribadita anche oggi: “Non può esistere che da un presupposto che non esiste, perché allo stadio non ci sono stati cori razzisti, venga messa alla gogna una tifoseria e una città”». Anche il leader della Lega Matteo Salvini ha partecipato a questa campagna: «Con 20mila posti di lavoro a rischio – dice Salvini – Balotelli è l’ultima mia preoccupazione, ma proprio l’ultima ultima ultima. Vale più un operaio dell’Ilva che 10 Balotelli. Il razzismo va condannato ma non abbiamo bisogno di fenomeni». Qui la mossa è ancora più spregiudicata, visto che si mettono a confronto due fenomeni (non nel senso inteso dall’ex ministro) e se ne stabilisce una gerarchia priva di ogni senso. Chi ha detto che non si può combattere il razzismo negli stadi e intanto preservare i posti di lavoro degli operai Ilva? Altra strategia già piuttosto rodata è quella della minimizzazione: «”Secondo me l’episodio di Verona rientra nell’ambito dello sfottò calcistico. L’insulto a Balotelli non è legato al colore della pelle ma agli atteggiamenti antipatici del giocatore”. È il parere di Lorenzo Contucci, avvocato degli ultrà e punto di riferimento per tante curve italiane». Concludiamo con alcune domande che si pone Giulia Siviero nel suo blog per il Post, che rendono ancora più evidente l’insensatezza di certe dichiarazioni: «Scrivere ad esempio che “in città si registra una saldatura abbastanza esplicita tra gli ambienti del tradizionalismo cattolico, quelli dell’estrema destra e quelli della destra istituzionale”? O scrivere che Verona si dimostra “accogliente” con certi eventi e offre spazi e sostegno a certi movimenti? In che modo rilevare certi comportamenti allo stadio diffamerebbe Verona?».

(Foto di Amil Delic su flickr)