Si avvicinano i referendum che si terranno in Lombardia e Veneto per chiedere al Parlamento maggiore autonomia legislativa. Quali sono realmente le questioni sul tavolo? Quanto sarebbe vincolante per lo Stato centrale un’eventuale vittoria del sì? È necessario raggiungere il quorum? Nella generale confusione comunicativa che spesso accompagna questo tipo di appuntamenti, aspetti come quelli appena elencati rischiano di restare poco chiari, o di essere dati per scontati. Innanzitutto, bisogna precisare che i due referendum sono pienamente legittimi e hanno puro carattere consultivo, dunque non saranno in alcun modo vincolanti per lo Stato. Da qui si deduce che, non essendoci un vincolo nella decisione, il raggiungimento del quorum non è decisivo, almeno in Lombardia. In Veneto invece – spiega il Post –, una legge regionale prevede che anche per i referendum consultivi sia necessario il voto del 50 per cento più uno degli aventi diritto per rendere valido il risultato.
Chiarito questo, resta più complicato stabilire esattamente quali siano le questioni sul tavolo, cioè per quale motivo i governi delle due Regioni abbiano messo in atto questa iniziativa e a cosa aspirino. Sempre per chiarezza, occorre dire che una eventuale vittoria dei sì non darà automaticamente più autonomia alla Regione interessata, né tanto meno la assimilerà a quelle a Statuo speciale, previste dalla Costituzione. Proprio quest’ultima prevede però – all’articolo 116 – che le Regioni possano chiedere una maggiore competenza legislativa (quindi di fatto maggiore autonomia) relativamente ad alcune materie. Queste sono elencate nell’articolo successivo e sono divise in due tipologie: le materie di potestà legislativa concorrente, su cui possono legiferare sia lo Stato sia le Regioni, passerebbero in toto in mano alle seconde. Inoltre alle Regioni potrebbero passare alcune materie della seconda tipologia, quelle di competenza esclusiva statale, ossia la giustizia (ma solo per quanto riguarda l’organizzazione della giustizia di pace), le norme generali sull’istruzione e la tutela dell’ambiente e dei beni culturali. Si tratta dunque di aspetti piuttosto rilevanti, soprattutto se pensiamo alla quantità di risorse che rientrano nel campo dell’istruzione. Come fa notare però l’economista Paolo Balduzzi su Lavoce.info, è la sanità a occupare l’80 per cento dei bilanci delle Regioni.
Un aspetto importante da tenere presente a proposito di questi referendum, è che non sono necessari affinché le Regioni possano appellarsi all’articolo 116 e richiedere maggiore autonomia allo Stato. Tant’è che l’Emilia-Romagna ha già avviato da tempo, senza promuovere alcun referendum, le pratiche per ottenere l’autonomia. La consultazione è stata voluta principalmente dai governatori delle Regioni per ottenere un riconoscimento popolare che dia maggiore peso alla richiesta di autonomia. Come fa notare Balduzzi, è però improbabile che il governo e il Parlamento diano troppa rilevanza ai risultati (nel caso fossero positivi), perché in questo modo darebbero indirettamente un incentivo ad altre Regioni a organizzarsi allo stesso modo. Se l’autonomia sarà concessa, lo sarà per le questioni tecniche a cui l’articolo 116 fa riferimento, ossia quelle previste dall’articolo 119, che riguardano essenzialmente il fatto di avere i bilanci in ordine. Lombardia e Veneto sono le Regioni economicamente più forti in Italia, e dunque già godono dei requisiti necessari a inoltrare la richiesta. Sarà quest’ultimo aspetto, nel caso, a portare il Parlamento a darvi seguito.
Un altro elemento di confusione è relativo ai soldi dei prelievi fiscali che, con l’autonomia, resterebbero sul territorio invece di confluire nel bilancio dello Stato. Il presidente della Lombardia Roberto Maroni si è espresso in questi termini: «Il Sì al referendum sull’autonomia della Lombardia significa portare 27 miliardi in più ai lombardi». La cifra sarebbe la metà del residuo fiscale, cioè – secondo Maroni – «la differenza tra quanto pagano di tasse i lombardi e quanto ritorna sul territorio, raddoppieremmo il nostro bilancio regionale». Per molti questa cifra è esagerata e poco realistica. Balduzzi spiega che «fossero pure 47 o 57 miliardi, il punto è che i residui vengono originati per differenza. È ovvio che se lo stato concederà autonomia a una regione su una quota, a seconda della dimensione delle competenze trasferite, smetterà di spenderli esso stesso sotto forma di spesa regionalizzata: il residuo fiscale rimarrà dunque identico».
Fatte queste precisazioni, tutte le informazioni su come funzionerà il voto sono disponibili sui siti istituzionali di Lombardia e Veneto. La consultazione si terrà in entrambi i casi domenica 22 ottobre, con i seggi aperti dalle 7 alle 23.
(Photo by timothy muza on Unsplash)