Dal prossimo anno riaprono gli asili pubblici a Reggio Calabria, ma non per tutti: i disabili saranno infatti esclusi dalle strutture, in quanto il Comune non è in grado di assumere insegnanti specializzati che si occupino del sostegno. Ricordiamo che il capoluogo calabrese è stato sciolto per contiguità con la ‘Ndrangheta nel 2012 e da allora è gestito da una commissione straordinaria. Ovvie quindi le difficoltà di gestione in un regime emergenziale che ha impedito l’anno scorso di avviare in toto il servizio degli asili nido. Quest’anno si riparte, ma qualcuno è escluso. Inutile dire che la decisione non è accettabile, e basta rileggere (nel caso ce ne fosse bisogno) la parte relativa ai principi fondamentali della Costituzione italiana per capire perché.
Il mondo del terzo settore e dell’associazionismo si è già fatto sentire perentoriamente affinché la situazione sia sanata in tempo. Il presidente nazionale di Anffas onlus, Roberto Speziale si è espresso così: «È necessario l’immediato ritiro dell’atto amministrativo del Comune di Reggio Calabria che, impedendo l’iscrizione dei bambini con disabilità alle scuole dell’infanzia per l’anno scolastico 2014/2015, calpesta palesemente i diritti dei bambini in questione e delle loro famiglie. Il tardivo tentativo dei Commissari di risolvere la situazione con l’annuncio di possibili eventuali assunzioni di personale, non è sufficiente e soprattutto mette in luce ancora una volta come chi ha una disabilità è considerato un cittadino di serie B». Il provvedimento vedrebbe un’istituzione statale come soggetto che crea la discriminazione, invece di impegnarsi a rimuoverla ove si verificasse. Si viene così a creare una situazione paradossale per cui un illecito nella gestione del Comune (la contiguità con la criminalità organizzata) non solo ricade sulla fascia più debole della popolazione, ossia i bambini (che già hanno subito la chiusura delle strutture nell’anno scolastico in corso), bensì sulla nicchia più bisognosa di intervento e cura all’interno di quella stessa fascia.Dice bene Speziale quando sottolinea che «la decisione dell’amministrazione evidenzia nuovamente la mancanza di una cultura dell’inclusione sociale e scolastica, due fattori fondamentali per la crescita della società. L’avviso in questione è il frutto di un retaggio culturale che ancora non crolla, basato su esclusione e discriminazione».
Forse, per una volta, la denuncia arrivata da più parti (tra cui ovviamente le associazioni dei genitori) porterà a una svolta positiva nella vicenda. Si legge infatti sul giornale free press di Reggio Calabria, il Metropolitano, che «La Commissione Straordinaria, avendo appreso dagli organi di stampa la notizia relativa alla pubblicazione dell’avviso riguardante l’iscrizione alle scuole dell’infanzia comunali, e, al fine di garantire nell’immediatezza l’accoglienza dei bambini in situazione di disabilità, ha ordinato al Dirigente di settore la rettifica dello stesso, impegnandosi, contestualmente, a richiedere alla Commissione centrale del Ministero competente, ai sensi dell’art. 243 del T.U., approvato con D.Lgsl. 267/2000, l’autorizzazione all’assunzione del personale di sostegno nelle scuole comunali». Resta il fatto che si sia dovuta mobilitare la società civile per fare in modo che un organo dello Stato applicasse una legge. Ma in teoria è lo Stato, su mandato popolare, che fa le leggi e poi osserva che siano applicate. O stiamo perdendo di vista anche i mattoni fondamentali che compongono l’assetto democratico?