
Il presidente della Toscana Enrico Rossi ha toccato un tema tabù della politica italiana, mettendo in discussione l’opportunità di continuare a mantenere in vigore i vantaggi tributari e le competenze legislative allargate delle regioni a statuto speciale. Si tratta di una di quelle questioni che di solito si evitano, visto che per chi siede in Parlamento o guida il governo c’è il grosso rischio di una caduta a picco della popolarità in quelle cinque regioni. Oltre a questo, è obiettivamente difficile proporre una legge di modifica costituzionale, che andrebbe probabilmente incontro alla consultazione popolare del referendum confermativo, alla quale di certo non sopravviverebbe. Anche ora che, dopo le dichiarazioni di Rossi, si è alzato il prevedibile polverone, non è detto che seguano provvedimenti concreti in tal senso. C’è chi dice che con la riforma del titolo V della Costituzione di qualche anno fa, che ha ampliato la competenza legislativa di tutte le altre regioni, l’eccezionalità di quelle a statuto speciale si sia ridotta. Resta il fatto che queste trattengono molte più imposte rispetto alle altre, e al contempo (in modalità diverse l’una dall’altra) ricevono contributi speciali dallo Stato. C’è quindi una disparità di trattamento tra i cittadini “normali” e quelli “speciali”.
Le ragioni storiche che hanno portato alla nascita delle autonomie locali sono ormai superate, ed è quindi cessata l’emergenza legata, per esempio, alle contese territoriali seguite alla fine della Seconda Guerra Mondiale. A dimostrazione dell’effettivo vantaggio goduto da queste regioni, Rossi fa alcuni esempi: «Mi risulta che la spesa pro capite annua [nelle “cinque sorelle”] sia di 4.800 euro contro i 2.700 delle altre regioni. Basta come prova? E basta far notare che il Friuli trattiene l’80 per cento dei tributi erariali e il Trentino il 100 per cento? Oltre a ricevere un trasferimento di risorse dallo Stato per la questione dei rapporti con l’Austria, che mi sembra leggermente superata». In un articolo del Post di qualche anno fa sono poi elencate le motivazioni relative al conferimento dello statuto speciale: «In Sardegna, i politici locali avevano cominciato a parlare di autonomia già alla fine della Seconda guerra mondiale (ma ne ottennero poi una più limitata di quella siciliana); in Trentino-Alto Adige l’autonomia venne concessa anche per le rivendicazioni territoriali austriache, il cui governo trattò con quello italiano per le tutele da dare alla minoranza tedesca, e come compensazione per l’opera di “italianizzazione” forzata durante il fascismo; per motivi simili (la tutela della minoranza francese) venne concesso lo statuto speciale anche alla Valle d’Aosta. […] In Friuli-Venezia Giulia le prime elezioni furono nel 1964: qui l’autonomia venne concessa, oltre che per il problema di Trieste e delle contese territoriali con la Jugoslavia, perché si trattava di un’area che per molti decenni ebbe problemi di sviluppo economico. […] Solo la Sicilia, come aveva spiegato qualche settimana fa LaVoce.info, ha la cosiddetta “competenza esclusiva” in una ventina di campi elencati all’articolo 14 e 15 dello Statuto regionale (tra cui agricoltura, industria, urbanistica, lavori pubblici, turismo e istruzione elementare). In quelle materie, lo Stato centrale non ha potere legislativo in Sicilia e tutte le decisioni sono prese dagli organi regionali».
L’autonomia tributaria non riguarda solo il Trentino, ma anche la Sicilia: «Prendiamo ancora il caso della Sicilia: la regione ha autonomia tributaria, cioè trattiene per sé tutte le imposte raccolte nel suo territorio ad eccezione di quelle sulla produzione e su lotterie e tabacchi. Oltre a questo, lo Stato versa annualmente una cifra alla regione per il “fondo di solidarietà nazionale”. Questa cifra integrativa, motivata dal minor reddito medio dei cittadini siciliani, non è mai stata fissata con criteri univoci una volta per tutte, ma viene contrattata annualmente tra lo Stato e la regione e ammonta ad alcune centinaia di milioni di euro ogni anno». Tra i tagli alla spesa pubblica che sarebbe bene operare, questi sono forse quelli su cui sarebbe più urgente intervenire, anche se in pochi hanno l’accortezza di farlo notare. Si trovava giusto qualcosa tra i passaggi del dossier di Carlo Cottarelli.