Il disegno di legge di riforma del terzo settore, dopo avere fatto quasi perdere le proprie tracce, si sta lentamente avvicinando all’approvazione finale. Pubblichiamo le considerazioni di Carlo Mazzini sulle novità introdotte nel passaggio del testo al Senato, dal suo blog Quinonprofit.it.

Si rischiava di andare alle calende greche (che come noto non esistono), ed invece a due giorni dalle calende di aprile il Senato ha approvato il testo del ddl di riforma del Terzo Settore, pronto a tornare alla Camera per la presumibile approvazione finale. In calce a questo post trovate il testo definitivo “come a me risulta”, salvo errori e omissioni.

Quali sono le novità introdotte dalla “camera alta” del Parlamento, rispetto al testo uscito dalla Camera? Non molte, per la verità, ma alcune sono davvero interessanti (piacciano o meno, è altra storia).

Quella più evidente è l’introduzione nel panorama del non profit italiano della Fondazione Italia Sociale, la cui natura non è chiara. Sarà considerata un ente pubblico o un ente privato? Prevedo che i giuristi si combatteranno dall’uno e dall’altro schieramento e si perderà un sacco di tempo. Se, come prefigurato dall’ispiratore dott. Manes, consigliere del premier, si raccoglierà a regime fino a un miliardo di euro all’anno, le erogazioni a favore di questo saranno deducibili? E secondo quale norma? E se arriverà davvero al miliardo di euro, il costo per la collettività – in termini di costo fiscale per deduzioni / detrazioni – è stato calcolato / messo in conto? Direi di no, e parliamo di almeno 250 milioni di euro di entrate tributarie in meno per il fisco.

Molti gruppi parlamentari hanno stigmatizzato il fatto che il Governo abbia presentato solo ora questo emendamento, senza discussione “pubblica”. Vero e falso insieme. È vero che il Governo l’ha presentato solo in Commissione – poi ritirandolo per presentarlo in aula – ma è anche vero che l’ispiratore Manes ne stava parlando da più di un anno. Se solo gli interessi dei nostri politici superassero gli scranni di Palazzo Madama, avremmo gente che ci rappresenta un po’ più preparata. Che poi il non profit non ne abbia parlato è cosa nota, anche perché davvero non si capisce che cosa davvero farà questa maxi-fondazione. Delle due l’una: o è un’intuizione bellissima e noi non ne capiamo il senso (ma il compito dei politici sarebbe anche quello di farci capire il senso delle cose che legifera), oppure è una fantozziana “cagata pazzesca”.

Registro che il Forum del Terzo Settore, noto alle cronache per rimirarsi l’ombelico e dire che quello è il centro del non profit, in un articolo dell’Huffington post di metà marzo (che lo stesso Forum mi ha personalmente segnalato dopo che ne avevo stigmatizzato il silenzio) si diceva perplesso affermando «Ci sembra che da parte del governo ci sia una tendenza al dirigismo, un’impostazione fortemente accentratrice». Se se ne è accorto persino il Forum, vuol dire che la questione è evidente come un grattacielo nella savana.

Altre questioni: la Commissione ha introdotto giustamente la previsione di trasformazione omogenea (da associazione a fondazione, di norma) intendendo così metter fine ad una querelle che ha visto il Consiglio di Stato dare lo scorso anno un parere favorevole all’ipotesi “ma anche” scrivere in una sentenza che non si poteva fare! Alla faccia dell’azzeccagarbugli!

Sembra essere stato rintuzzato l’attacco al volontariato inteso come attività gratuita. Certi simpaticoni avevano previsto persino che ai volontari potesse esser offerto un argent de poche, senza comprendere che ciò avrebbe portato al collasso delle stesse organizzazioni di volontariato, tacendo sul nonsense di chiamare volontariato un’attività retribuita!

L’impresa sociale: ne vogliamo parlare senza fare gesti apotropaici? Lo sapete cosa ne penso, vero? Sta di fatto che l’impresa sociale – che sembra essere espunta alcuni giorni fa dal ddl – è tornata in tutta la sua inconsistenza nel testo di legge con una previsione molto limitata di distribuzione dell’utile (cfr art 2514 cc).

In Commissione, relativamente alla parte fiscale, il relatore Lepri aveva proposto un emendamento che avrebbe dato maggiori certezze sulla definizione di ciò che un ente del Terzo Settore avrebbe potuto fare (a quali entrate attingere) e quale fiscalità si sarebbe applicata. Essendo una buona idea, Lepri lestamente (nomen omen) ha ritirato l’emendamento e si è andati a definire una «revisione complessiva della definizione di ente non commerciale ai fini fiscali connessa alle finalità di interesse generale perseguite dall’ente», che vuol dire tutto e niente.

Ce ne sarebbe da dire sul testo uscito dal Senato, ma è anche vero che per la sua fumosità si potrebbe dire tutto e il contrario di tutto. […]

Allego qui il testo della nuova versione del ddl, come a me risulta con i taglia e incolla dei diversi emendamenti approvati. Si tratta di una mia interpretazione. Se volete il testo ufficiale, tra qualche giorno sarà disponibile sul sito del Senato e della Camera.

O come diceva Clint Eastwood: «Se vuoi una garanzia, compra un tostapane» (grazie MD).

ddl riforma al 160330