Quest’estate, come sempre più spesso capita, è stata segnata da temperature eccezionalmente alte in varie parti del pianeta, e da gravi danni causati da incendi scoppiati in diversi luoghi. Secondo gli studiosi, questi eventi non sono casuali, ma sono direttamente legati al riscaldamento globale. Si tratta di un problema ormai ben conosciuto, e di cui non è più in discussione l’influenza negativa delle attività umane. Un articolo dell’Economist,pubblicato alla fine di luglio e tradotto in italiano da Internazionale, cita una serie di casi estremi registrati quest’anno:
«Sodankyla, una città nella Lapponia finlandese poco più a nord del circolo polare artico, ha una temperatura media annua appena superiore allo zero. […] Il 18 luglio il termometro ha toccato i 32,1 gradi, ovvero 12 in più della media del mese e la temperatura più alta mai registrata da quando, nel 1908, è stata rilevata per la prima volta. […] Vicino ad Atene più di 90 persone sono morte a causa di incendi fuori controllo. In Svezia, un clima insolitamente caldo e secco ha scatenato terribili incendi nelle foreste. Nel Regno Unito il calore sembra ancora più intenso che nel 1976, una delle estati più calde mai registrate. Circa 80mila ettari di foreste stanno bruciando in Siberia. Il Giappone ha classificato la sua attuale ondata di calore come un disastro naturale. Nella notte del 7 luglio la temperatura nel centro di Los Angeles non è scesa sotto i 26,1 gradi. Un valore che però impallidisce rispetto a Quriyat in Oman, dove alcuni giorni prima la temperatura minima dell’intera giornata è stata di 42,6 gradi».
Si tratta di notizie molto allarmanti, su cui sarebbe bene che i governi del mondo si accordassero per cooperare. Passi avanti importanti, almeno a livello di intese, erano stati fatti negli ultimi anni, ma ultimamente (almeno con l’avvento dell’amministrazione Trump negli Stati Uniti) sembrano prevalere posizioni più scettiche, quando non negazioniste, in merito al riscaldamento globale. La comunità scientifica invece ha ben pochi dubbi.
Le ricerche sull’impatto delle attività umane sull’aumento delle temperature sono cominciate nei primi anni del secolo attuale, e hanno confermato i sospetti degli studiosi. «Il primo studio – spiega l’Economist–, firmato tra gli altri dal dottor [Peter] Stott [dell’Ufficio meteorologico britannico] nel 2004, ha rilevato che le probabilità di un’estate come quella europea del 2003 erano raddoppiate a causa dell’attività dell’uomo. Da allora sono fiorite molte ricerche simili sull’attribuzione delle cause degli eventi climatici. Un anno fa Carbon Brief, un portale web, ha identificato un totale di 138 articoli peer-reviewed sull’argomento, che riguardavano 144 eventi climatici. Su 48 ondate di calore, 41 contenevano tracce d’intervento umano nei loro dati».
I modelli statistici si sono spinti fino a calcolare gli scenari futuri legati al riscaldamento globale: «Il quadro che emerge è fosco. Da uno studio pubblicato a giugno e firmato da Andrew King dell’università di Melbourne e dai suoi colleghi, è emerso che il numero di europei che potrebbero assistere a una temperatura superiore agli attuali livelli record raddoppierà a 90 milioni se il pianeta si riscalderà di ulteriori 0,5 gradi, oltre al grado di aumento già registrato rispetto agli anni ottanta del diciannovesimo secolo. Se invece di 0,5 gradi si riscalderà di un grado pieno, il numero toccherà i 163 milioni».
Un altro indicatore molto importante per capire le condizioni di vita che ci aspettano se non si riesce a limitare questa tendenza è la cosiddetta “temperatura a bulbo umido”. Si tratta della temperatura fatta registrare da un termometro avvolto in un panno bagnato. Quando questa supera i 35 gradi, una persona sana non sopravvivere per più di sei ore. «Oggi le temperature di bulbo umido difficilmente superano i 31 gradi. Nel 2016 Jeremy Pal della Loyola Marymount University ed Elfatih Eltahir del Massachusetts institute of technology hanno scoperto che, se non saranno diminuite le emissioni di gas serra, in varie città del golfo Persico, tra cui Abu Dhabi e Dubai, si potrebbero raggiungere temperature di bulbo umido superiori ai 35 gradi entro la fine del secolo. Un supplemento di studio sulla questione ha fatto emergere che, entro il 2100, alcune parti dell’Asia meridionale, molto più popolate degli emirati arabi e decisamente più povere, potrebbe soffrire di temperature di bulbo umido di 34,2 gradi ogni 25 anni».
Per una volta, parlare del tempo non è superfluo. La percezione di temperature straordinarie è confermata dalle rilevazioni in molte parti d’Europa e del mondo. Il problema è che, a lungo andare, la situazione potrebbe farsi insostenibile. E non abbiamo considerato, in questa rassegna, le conseguenze economiche in termini di produttività di questa tendenza.
(Foto di Sharon McCutcheon su Unsplash)