Le persone in Europa stanno soffrendo di una forma di affaticamento legata alla prolungata situazione di incertezza dovuta alla pandemia di coronavirus. Per questo, l’Oms si augura che il nostro continente faccia ulteriori sforzi per uscire da questa situazione insieme ai cittadini, coinvolgendoli nelle decisioni e occupandosi dei loro problemi al di là delle mere questioni mediche. L’ha scritto qualche giorno fa il responsabile per l’Europa dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Hans Henri P. Kluge, in una dichiarazione rivolta alle autorità degli stati europei. «Secondo quanto abbiamo rilevato in una serie di sondaggi nella regione – ha scritto Kluge – c’è un crescente affaticamento dovuto alla pandemia in corso. Anche se questo è misurato in modi diversi nei vari paesi, abbiamo rilevato che in alcuni casi ha raggiunto una forza superiore al 60 per cento». Non è molto chiaro cosa si intenda con quest’ultima misura, ma il senso è riassunto in altre parti del messaggio: «Da quando il virus è arrivato in Europa otto mesi fa, i cittadini hanno fatto enormi sacrifici per contenerne la diffusione. Questo ha avuto un costo straordinario, che ci ha resi tutti esausti, a prescindere da dove viviamo e cosa facciamo. In circostanze simili, è facile e naturale sentirsi apatici, demotivati e affaticati». Kluge prosegue proponendo tre azioni su cui le istituzioni nazionali ed europee sono chiamate a concentrare i propri sforzi.

1. Tastare regolarmente il polso della comunità

Capire i bisogni di chi torna a scuola e all’università o il peso emotivo degli anziani isolati in istituti assistenziali: le politiche di contrasto alla pandemia devono tenere conto di questi elementi. Kluge auspica che si vada oltre il parere del settore medico e sanitario per strutturare le misure di contenimento e le restrizioni. Fa l’esempio della Germania, il cui governo ha consultato, oltre agli scienziati, anche filosofi, storici, teologi e scienziati comportamentali e sociali. Questo per affrontare questioni delicate come gli aspetti formativi di bambini provenienti da famiglie svantaggiate, la legittimità delle restrizioni, l’equilibrio tra il supporto pubblico e le norme morali rispetto a misure coercitive.

2. Co-creare interventi insieme alla comunità

Consultazione e partecipazione devono essere due elementi chiave nel disegnare la risposta alla pandemia. Sforzarsi di capire le difficoltà attraversate dalle persone e farne tesoro. «La comunità dovrebbe essere considerata una risorsa, oltre che la destinataria delle misure decise». Anche qui, gli esempi positivi non mancano. In Danimarca, una municipalità ha invitato giovani studenti a lavorare assieme per preservare l’esperienza formativa proteggendo al contempo le comunità al riaprire delle università. In Norvegia, il personale degli asili è stato coinvolto nello sviluppo di linee guida sostenibili e ragionevoli per la riapertura, in modo da limitare l’affaticamento dello staff, dei bambini e dei genitori attraverso la flessibilità nella frequenza. «I cittadini sono al cuore della soluzione alla pandemia e i decisori politici devono trattarli come tali».

3. Soddisfare i nostri bisogni in modi nuovi e sicuri

Mentre ci avviciniamo alle feste invernali, bisogna sforzarsi di soddisfare il bisogno di socialità proponendo modalità sicure per passare del tempo insieme. Nuovi modi di usufruire di vecchi consumi culturali, nuovi formati culturali, bolle sociali, ecc. Qui, a nostro avviso, il rischio è che l’affaticamento sia acuito dallo sforzo di adattarsi a soluzioni che non soddisfano nessuno. Ma del resto c’è poco da fare: «Ancora non abbiamo tutte le risposte necessarie ad affrontare la stagione in arrivo», ammette Kluge. «Ma il COVID-19 ci sta spingendo ad andare oltre la scienza biomedica nel cercare queste risposte. Abbiamo l’opportunità di sfruttare al massimo le intuizioni delle nostre comunità in termini di comportamenti, e di integrare la partecipazione dei cittadini nelle politiche di salute pubblica su una scala mai vista finora». Un approccio che può sembrare un po’ lontano dalla realtà attuale, ma un’iniezione di ottimismo di questi tempi non fa mai male.