Risparmiare sulla sanità è sempre operazione rischiosa. Ma farlo con intelligenza può portare a un recupero di risorse immenso, senza per questo abbassare la qualità dei servizi offerti, anzi. Poco tempo fa abbiamo lanciato una proposta per migliorare la gestione degli acquisti del materiale sanitario nel sistema trasfusionale. Niente di particolarmente nuovo, sia chiaro, ma ogni tanto proviamo a riprendere le buone idee nella speranza che trovino applicazione.
C’è un enorme capitolo di spesa che potrebbe subire un taglio, o meglio una razionalizzazione, che porterebbe grandi vantaggi alle casse delle Regioni, ossia i costi per servizi non sanitari del Ssn (Servizio sanitario nazionale). Sono infatti arrivati all’esorbitante cifra di 4,4 miliardi l’anno, spalmati in maniera diseguale sul territorio nazionale. Si va infatti dai 22 euro al giorno per la degenza degli ospedali lombardi ai 111 del Friuli e ai 92 dell’Umbria. Secondo uno studio di Ageing Society, con un’azione di contrazione della spesa e di allineamento sulle gestioni più virtuose si potrebbe arrivare a un risparmio di circa 2 miliardi di euro, da reinvestire in salute e assistenza, ovviamente.
Come mai si arriva a sperequazioni di tale entità lo spiega all’inserto Sanità del Sole 24 Ore Emilio Mortilla, presidente della società che ha appena pubblicato lo studio da cui sono presi questi dati: «Le lobby che influenzano gli appalti sono troppo potenti, ad ammissione degli stessi politici regionali, anche in quelle realtà che più necessiterebbero di spendere in modo oculato. Una situazione non più sostenibile: la sola voce “smaltimento rifiuti” nel 2010 è cresciuta del 10 per cento. A soffrirne di più sono soprattutto i cittadini fragili, come gli anziani e i disabili che scontano più di tutti la mancanza di strategie assistenziali sul territorio e l’azzeramento del Fondo per la non autosufficienza».
Il fatto, di per sé grave, lo diventa ancora di più se pensiamo che negli ultimi anni la tendenza è a ridurre i giorni di degenza nelle strutture ospedaliere. Fatta quindi la scelta di accorciare l’assistenza al malato nel periodo post operatorio, non si è avuto altrettanto “coraggio” nel gestire un sistema che evidentemente tocca nervi scoperti legati a interessi troppo forti. A calare anche la spesa farmaceutica convenzionata, sempre a discapito dei cittadini -soprattutto anziani-, costretti a spendere di più per farmaci indispensabili alle proprie cure.
Se tutte regioni si allineassero all’esperienza lombarda, sostiene lo studio, il risparmio salirebbe a 2,8 miliardi. «Se mettiamo a confronto il costo medio rilevato nelle 10-12 regioni più virtuose -riprende Mortilla- e lo applichiamo a tutte le realtà, vediamo bene come sia possibile recuperare risorse per un miliardo e 690 milioni circa. Una somma particolarmente rilevante perché attualmente la spesa totale per la voce servizi non sanitari è 4,436 miliardi di euro».
Mortilla annuncia poi «un esposto per danno erariale alla Procura generale della Corte dei conti. L’anno scorso infatti avevamo chiesto l’intervento della Commissione parlamentare di vigilanza per l’efficacia e l’efficienza del Ssn, ma il nostro appello è rimasto lettera morta. È evidente che fino a oggi, pure se gli sprechi sono sotto gli occhi di tutti da anni, è mancata la volontà politica di intervenire. La stessa spending review sembra un’operazione di facciata». Già, purtroppo viene da pensarlo. E soprattutto torna in mente l’antipatica questione dei rimborsi elettorali. Se il principio è che il finanziamento pubblico ai partiti dovrebbe preservarne l’indipendenza, mettendoli invece al riparo dagli interessi di investitori privati, allora c’è qualcosa che ci sfugge. E, come sempre, a pagarne -due volte- le conseguenze sono i cittadini più deboli.