Esattamente tre mesi fa, il 15 febbraio, pubblicammo l’appello del neonato movimento #salvaiciclisti (scritto così per rispondere al principio degli hashtag di Twitter). Un richiamo che avrebbe potuto cedere al rapido processo di oblio che condanna, il più delle volte, le iniziative nate da un grande entusiasmo iniziale di pochi, ma che non riescono a fare “massa critica” nel tempo. Ebbene, è andata diversamente. C’è stato un raduno a Roma il 28 aprile, che ha riscosso grande successo e partecipazione (si parla di 50mila persone).

Poi il lavoro di informazione sul numero di ciclisti che ogni anno perdono la vita sulle strade italiane, fino ad arrivare a un evento dimostrativo della maggiore rapidità della bicicletta rispetto all’auto in un contesto urbano. L’11 maggio, tre persone in bicicletta hanno “sfidato” altrettanti automobilisti, che per l’occasione si sono dati come limiti di velocità rispettivamente 30, 40 e 50 chilometri orari. Il tutto a Roma, in un percorso della lunghezza di 7 chilometri. Niente da fare per i mezzi a quattro ruote, che hanno impiegato quasi mezz’ora per raggiungere il traguardo, contro gli 11 minuti delle due ruote.

Il giorno prima era andato in scena il secondo “Bike to work day”, dedicato a chi va al lavoro in bici (e a sensibilizzare chi, pur potendo, non lo fa), in cui gli aderenti segnalavano il proprio appoggio all’iniziativa con un gilet e un casco che li rendevano riconoscibili. E anche il mondo del ciclismo professionistico ha al suo interno dei simpatizzanti, come Pippo Pozzato, che ha esposto il logo #salvaiciclisti sul proprio casco.

L’ultima manifestazione di apprezzamento arriva dal vertice della politica. Il presidente del Consiglio Mario Monti ha infatti inviato una lettera per spiegare la sua posizione in merito all’impegno del suo esecutivo verso la sicurezza stradale per i ciclisti. «Prima che Presidente del Consiglio sono stato un appassionato di ciclismo e un cicloamatore io stesso -scrive Monti. Anche se non ho più, come un tempo, l’opportunità di muovermi in bicicletta come vorrei, conosco le problematiche che devono affrontare coloro che utilizzano la bicicletta per muoversi, soprattutto nelle grandi città.

La bicicletta è un mezzo di trasporto “intelligente” -continua la lettera-, sia dal punto di vista dell’impatto ambientale, sia a livello economico, dato che riduce sensibilmente i costi legati alla mobilità urbana, sia, aspetto non meno rilevante, per la salute degli individui. Come già fatto in Europa, finanziando diversi progetti legati alle piste ciclabili, anche in Italia è necessario riservare maggiore attenzione alla “mobilità leggera”. In questo senso il governo è impegnato a favorire politiche di mobilità sostenibile, anche con l’obiettivo di ridurre il tasso di incidenti stradali che coinvolgono i ciclisti. Mi rendo tuttavia conto che molto resta ancora da fare. Vi incoraggio dunque ad andare avanti, oserei dire a “pedalare”, per attirare l’attenzione su quanto si può fare a tutti i livelli per migliorare le condizioni di mobilità di chi usa la bicicletta per muoversi in città».

Nessun impegno preciso, ma una manifesta intenzione a non far cadere l’attenzione da questo problema. E in quell’«andate avanti» c’è forse anche l’esortazione a continuare a pungolare la politica e l’opinione pubblica, in modo che da questa generica presa di posizione favorevole nasca un piano di viabilità e di cultura della mobilità che prenda le mosse dalle istanze di #salvaiciclisti.