Dopo la pezza messa sul conteggio dei permessi presi per la donazione di sangue, dal Parlamento ne arriva un’altra, altrettanto importante. Quella sui permessi relativi alla legge 104, ossia per l’assistenza di un familiare con grave disabilità (avevamo denunciato qui la cosa). Nel maxiemendamento votato al Senato martedì, che ha di fatto sostituito i precedenti articoli della legge di Stabilità, è infatti sanata anche questa pecca introdotta dalla riforma pensionistica firmata da Elsa Fornero. L’emendamento è stato proposto da Maria Grazia Gatti, che ha poi dichiarato in un suo comunicato che esso «estende le disposizioni che consentono di non essere penalizzati in tema di importo pensionistico anticipato a coloro che usufruiscono dei permessi e congedi previsti dalla legge 104 del 1992 in materia di assistenza ai disabili gravi. La modifica approvata, infatti, considera come lavoro effettivo i periodi di contribuzione figurativi riconosciuti a tali soggetti, considerandoli validi ai fini del calcolo per la maturazione del diritto alla pensione. È un risultato importante, che tiene finalmente conto delle difficoltà e dei sacrifici cui sono sottoposte quotidianamente migliaia di persone».
Viene però da pensare che un conto è rallegrarsi delle conquiste messe a segno dal mondo del volontariato e del terzo settore quando riesce a determinare decisioni che favoriscano il miglioramento delle politiche di stato sociale, ma ben più magra è la soddisfazione quando si riesce a ottenere che un torto subito sia riparato. La cultura del complotto non ci appartiene, e inoltre pensiamo che manchino le risorse organizzative per determinarlo, ma ne abbiamo abbastanza degli strafalcioni del legislatore, che improvvisamente introduce norme ingiuste dove non c’erano, poi rimette a posto le cose e allora si festeggia. È successo in questo caso, succede con la riconferma del 5 per mille (se non è stabile, ogni anno ci tocca “rifesteggiare” la sua riconferma), con l’andamento oscillatorio dei finanziamenti per il servizio civile (sempre più in bilico) e anche con il Fondo per le non autosufficienze. In quest’ultimo caso, esso è stato prima fissato alla cifra di 250 milioni di euro (molto bassa secondo la Fish, Federazione italiana per il superamento dell’handicap), per poi essere di nuovo alzato a 350 milioni. Prima si toglie e poi, dopo proteste e denunce, si ridà, piano piano. Con l’effetto di indurre poi i soggetti interessati ad accontentarsi: «Già ci stavano togliendo i fondi, ora che ce li hanno rimesso teniamoceli così, l’anno prossimo ne riparliamo». Ciò che temiamo è che non ci sia un disegno dietro a queste dinamiche. Non percepiamo la presenza di nessun burattinaio che tiene i fili della messa in scena. È semplice disorganizzazione, distrazione, sviste clamorose, ignoranza della materia di cui ci si sta occupando. «Servono 200 milioni, intanto togliamoli da qua (cerchiando in rosso una voce qualsiasi relativa al terzo settore), poi si vede». E invece poi si vede solo se qualcuno lo fa notare.
Accogliamo in chiusura l’appello della Fish, che lamenta il mancato accoglimento di un altro emendamento, quello per l’istituzione di un fondo «per “l’assistenza sanitaria e socio sanitaria a favore delle persone con grave non autosufficienza”. Il fondo, da ripartire alle Regioni, con apposito decreto del Ministero della salute, avrebbe potuto contare su 98,5 milioni di euro per il 2014 e poi su 3,5 milioni a partire dal 2015». «La bocciatura dell’emendamento Dirindin -ha commentato Pietro Barbieri, presidente di Fish-, ineccepibile tecnicamente, rappresenta una grave occasione persa di innovare profondamente l’integrazione socio sanitaria in modo razionale e soprattutto rispettoso delle persone con disabilità grave. Ci appelliamo all’Aula affinché questo gravissimo errore venga sanato».