Qualche tempo fa parlavamo di una norma all’esame della commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, che proponeva l’introduzione di sanzioni ai danni dei responsabili della spesa pubblica per la sanità, in caso di cattiva gestione della stessa (il cosiddetto “fallimento politico”, ossia la non ricandidabilità di chi non si dimostra all’altezza del compito). A quanto si apprende dalla relazione sul rendiconto generale dello Stato 2010, presentata alcune settimane fa dalla Corte dei conti, il provvedimento non sarebbe solo utile, ma necessario. Secondo il presidente Luigi Giampaolini, quello sanitario «è il settore nel quale si intrecciano con sorprendente facilità veri e propri episodi di malaffare, con aspetti di cattive gestioni talvolta favorite dalle carenze del sistema dei controlli». Rincara la dose il viceprocuratore generale Roberto Benedetti, che sottolinea come, nonostante le condanne a cui in certi casi si arriva, «il ripetersi di fattispecie analoghe o, comunque, molto simili a quelle che sono state già oggetto di indagini e perfino di processi, lascia supporre che il deterrente insito nelle possibili sanzioni si sia evidentemente alquanto affievolito, lasciando sostanziale via libera ad attività di vario genere in danno della Sanità, della collettività e dei cittadini più bisognosi, con costi sicuramente rilevanti e del tutto indebiti».

Insomma, pochi controlli e punizioni non abbastanza dure da scoraggiare il dilagare di atti illeciti. «La corretta allocazione delle risorse pubbliche è fondamentale -ha aggiunto Giampaolini-, così come è fondamentale che l’attività di programmazione sia correttamente condotta». Programmare e controllare sono quindi le due parole d’ordine tracciate dalla relazione. Al contrario, la manovra finanziaria approvata ultimamente sembra averne una sola: tagliare. Una visione che sta portando a una riduzione delle prestazioni sanitarie nei confronti del cittadino, a livello di qualità e di ampiezza della copertura. Il tema ci interessa molto da vicino. Avis è un’entità su cui ricade direttamente la gestione delle risorse pubbliche, soprattutto a livello regionale. Il piano sangue ne è un esempio, in chiave negativa purtroppo. Mesi e mesi di ritardo nell’approvazione, e nessun ritocco alle tariffe. Come programmare l’attività con tali presupposti? Chi controlla il controllore, se è la Pubblica amministrazione a essere in difetto nei tempi e nella sostanza? Lasciamo alle parole di Giampaolini il compito di sottolineare ciò che è anche la nostra preoccupazione più grande: è necessario che, «sia a livello centrale sia a livello locale, l’obiettivo di riduzione della spesa pubblica non determini una dequalificazione della spesa stessa, considerato che l’obiettivo della crescita dev’essere parimenti conseguito. […] L’obiettivo del pareggio di bilancio è ormai da troppi anni affidato ai tagli lineari delle voci di spesa nei bilanci delle amministrazioni pubbliche».