Il cosiddetto shockvertising, ovvero l’uso di immagini scioccanti nella pubblicità, è una tattica comune impiegata per catturare l’attenzione. Anche se questo tipo di campagne ha l’indubbio effetto di farsi notare, una nuova ricerca suggerisce che le conseguenze di quelle immagini possono essere più sottili e complessi di quanto si pensasse. Il tipo di disgusto suscitato da un’immagine può infatti influenzare le decisioni di spesa dei consumatori in modi che i responsabili del marketing potrebbero non aver previsto.
Come spiega un articolo su The Conversation, la visione tradizionale del disgusto nel mondo del marketing è piuttosto semplicistica e non coglie la natura sfumata di questa emozione. Gli psicologi identificano categorie distinte di disgusto, ognuna delle quali provoca reazioni diverse. Il disgusto fisico deriva da cose come il cibo avariato, mentre quello morale è innescato da atti che troviamo riprovevoli, come il razzismo. Queste forme distinte di disgusto attingono a diversi aspetti del nostro senso di sé.
Quando il nostro senso di sé è minacciato, spiega l’articolo, cerchiamo inconsciamente di ripristinare l’equilibrio perduto. Per esempio, una brutta giornata di lavoro può indurre ad acquistare beni di lusso per rafforzare il proprio ego ferito. Allo stesso modo, l’esposizione a immagini disgustose può innescare comportamenti compensatori inconsci. Le immagini di ribrezzo fisico minacciano il nostro senso di controllo, inducendoci a consumare in modo appariscente per riaffermare il nostro potere. Al contrario, le immagini che sfidano il nostro senso morale possono portare a un aumento delle donazioni caritatevoli e dei comportamenti di aiuto, in quanto ci portano a riaffermare il nostro senso di appartenenza all’interno di un quadro morale condiviso.
Questi risultati sono stati confermati da una serie di esperimenti. I partecipanti esposti a stimoli moralmente disgustosi erano più propensi a fare donazioni in beneficenza o ad aiutare gli altri, mentre quelli esposti a stimoli fisici mostravano una preferenza per i loghi di marca più grandi e altri indicatori di ostentazione del consumo. Ciò suggerisce che i diversi tipi di disgusto hanno effetti distinti sul concetto di sé e sul comportamento conseguente.
Ma ecco alcune delle conseguenze inattese evidenziate dallo studio.
Associazione negativa al marchio. Se da un lato queste tattiche possono attirare l’attenzione, dall’altro comportano il rischio di allontanare i potenziali clienti. I consumatori potrebbero trovare l’immagine offensiva, sgradevole o semplicemente troppo inquietante, con conseguente percezione negativa del marchio. Questa associazione negativa potrebbe tradursi in boicottaggi, calo delle vendite e danni a lungo termine alla reputazione del marchio.
Emozioni e comportamenti non voluti. I diversi tipi di disgusto possono suscitare risposte comportamentali diverse. Sebbene gli addetti al marketing possano puntare a far leva su queste risposte per promuovere azioni specifiche, la complessità delle emozioni umane implica sempre la possibilità di scatenare reazioni indesiderate. Per esempio, un’immagine destinata a evocare disgusto morale e a incoraggiare le donazioni di beneficenza potrebbe invece scatenare rabbia, tristezza o addirittura apatia, portando a risultati completamente diversi da quelli desiderati.
Desensibilizzazione ed effetti decrescenti. L’efficacia dello shockvertising si basa, in parte, sulla sua novità e sulla capacità di sorprendere gli spettatori. Tuttavia, con l’esposizione ripetuta a contenuti scioccanti, i consumatori possono diventare desensibilizzati al loro impatto. Questa desensibilizzazione potrebbe portare alla necessità di immagini sempre più estreme per ottenere lo stesso livello di attenzione, spingendo potenzialmente oltre i limiti etici e allontanando ulteriormente i consumatori.
Considerazioni etiche e responsabilità sociale. L’uso dello shockvertising solleva questioni etiche relative alla manipolazione delle emozioni dei consumatori e allo sfruttamento di temi sensibili a fini commerciali. L’uso di immagini scioccanti per promuovere prodotti o servizi, in particolare quelli rivolti a popolazioni vulnerabili, potrebbe essere percepito come irresponsabile e dannoso.
Sebbene lo studio non abbia stabilito un nesso causale diretto tra i tipi di pubblicità e le risposte dei consumatori, esso evidenzia il potenziale di effetti sottili che i responsabili del marketing dovrebbero forse considerare. Il potere emotivo delle immagini scioccanti, pur essendo efficace nel catturare l’attenzione, può avere conseguenze indesiderate. È fondamentale selezionare con cura le immagini, comprendendo i comportamenti specifici che potrebbero scatenare. La ricerca suggerisce anche che potrebbero esserci effetti comportamentali non ancora scoperti associati a contenuti emotivi, invitando alla cautela nell’uso di immagini forti o disgustose.
(Foto di Aleks Dorohovich on Unsplash)
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