L’Italia è da molto tempo all’avanguardia nella normativa per l’insegnamento scolastico ai ragazzi con disabilità. Con la legge n. 104 del 1992, (Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), avvenne la prima decisiva svolta. «Grazie a quella legge il sistema di istruzione italiano ha fatto suo definitivamente il principio dell’inserimento e dell’integrazione dell’alunno disabile nella scuola comune -si legge nel dossier Tuttoscuola sulla disabilità nella scuola statale-, affermando il “diritto all’educazione e all’istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie”». Il passaggio dalla parola scritta alla pratica non fu certo immediato, ma nel tempo si andò consolidando in Italia la figura dell’insegnante di sostegno come «soggetto integralmente inserito all’interno delle classi ordinarie e operante in stretta collaborazione con i docenti curricolari, ma comunque esterno, aggiuntivo rispetto a questi ultimi».

Oggi, quella legge ha subito una modifica, che potrebbe portare «una nuova, forse decisiva, erosione di uno dei criteri essenziali», come la descrive Franco Bomprezzi dalle colonne di Vita del 15 luglio (quando il decreto non era ancora stato varato). In pratica, se prima era prevista l’assegnazione di un insegnante di sostegno ogni due ragazzi disabili, questo vincolo cade con la nuova normativa. O meglio, i ragazzi saranno sempre seguiti nell’ordine di un massimo di due per insegnante. Però, in caso di classi particolarmente numerose, non essendo più previsto lo sdoppiamento per le classi oltre i venti alunni in presenza di un alunno con disabilità, saranno gli insegnanti di classe a sopperire alla mancanza. Un bel passo indietro. Leggiamo infatti dal dossier Tuttoscuola: «Nel 1995-96, con una popolazione scolastica complessiva superiore a quella attuale, gli alunni con disabilità inseriti nelle scuole statali erano circa 108mila unità. In quindici anni sono aumentati di quasi il 70%. I docenti di sostegno, che in quell’anno erano circa 35mila, sono diventati ora più di 90mila con un incremento superiore al 150%. Allora vi era un docente di sostegno ogni tre alunni disabili; oggi c’è un docente ogni due». Domani, chissà. Colpisce, per riprendere le parole di Bomprezzi, «che una decisione così importante […] venga presa di fatto dal ministero dell’Economia, e solo per ragioni di cassa, senza un’adeguata discussione pedagogica e professionale, e senza la consultazione del mondo delle famiglie». Per gettare sale sulla ferita, un’analisi pubblicata il 16 luglio su Italia Oggi rileva un problema di risorse umane: «Anche se i docenti di classe saranno adeguatamente formati, infatti, o faranno gli insegnanti di sostegno o faranno gli insegnanti di classe: se si occuperanno degli alunni disabili non potranno dedicare altrettanta attenzione agli altri e viceversa. E si ha comunque ragione di credere che non sarà facile assicurare un’adeguata formazione, sia perché le risorse destinate all’aggiornamento sono sempre le stesse, in costante riduzione, sia perché le ore di formazione non potranno mai essere pari a quelle garantite dalle scuole e dagli istituti che specializzano per il sostegno gli insegnanti». Avanti così, a passo di gambero.