Come ogni anno, il governo ha stabilito con un decreto il numero di lavoratori extracomunitari che potranno essere assunti regolarmente dai propri datori di lavoro. E come ogni anno, i posti a disposizione sono molti meno delle richieste. Non abbiamo trovato dati sull’ultimo “click day”, ossia quei giorni in cui viene temporaneamente aperta la possibilità di presentare le domande di assunzione, ma è molto probabile che, come sempre accade, i posti siano finiti in pochi minuti, e che le domande presentate abbiano superato enormemente le disponibilità.
È bene specificare che non stiamo parlando di migranti che presentano una domanda di lavoro, o che si candidano a un qualche bando. Qui sono i datori di lavoro italiani a compilare le domande, perché hanno bisogno di coprire un certo numero di posizioni lavorative, e hanno già individuato le persone che fanno al caso loro. Solo che appunto, le domande eccedono sistematicamente la disponibilità di posti.
Per un paese come l’Italia, che ha disperato bisogno di lavoratori e lavoratrici in molti settori, che è sempre più vecchio e sempre meno popolato, poter contare sulla manodopera straniera è fondamentale.
Il cosiddetto “decreto flussi” riguarda lavoratori stagionali e non, subordinati e non, da impiegare nei settori più diversi: trasporto merci, edilizia, turistico-alberghiero, telecomunicazioni, elettricisti, idraulici, ecc.
Ma la carenza di manodopera non si ferma certo ai settori previsti dalla norma. Abbiamo scritto molte volte delle difficoltà crescenti che sta vivendo il nostro sistema sanitario, anche per la mancanza di medici e infermieri. Una lacuna che alcuni territori hanno affrontato proprio facendo ricorso a manodopera straniera, come nel caso dei medici cubani che sono arrivati in Calabria due anni fa.
Il numero di assunzioni previste dal governo resta sempre molto basso, nonostante tale cifra sia aumentata proprio grazie all’attuale esecutivo.
Più in generale, è l’approccio verso il processo che porta a “diventare italiani” che dovrebbe cambiare. Oggi siamo nella paradossale situazione in cui una persona con lontanissimi avi italiani (condizione molto comune in Argentina e Brasile, per esempio) può ottenere la cittadinanza italiana presentando una domanda e alcuni documenti, anche se non sa una parola di italiano e non ha mai messo piede in Italia.
Al contrario, per chi non ha questa condizione di privilegio, data totalmente dal caso (per non parlare dei milioni di persone che semplicemente sono nate e cresciute in Italia in una famiglia italiana, e quindi sono ovviamente cittadini, pur senza avere particolari “meriti”), il processo è lungo e tortuoso. Per esempio, l’Italia è tra i paesi europei che richiedono il più lungo periodo di residenza ininterrotta prima di poter fare richiesta di cittadinanza (10 anni, mentre per la maggior parte degli altri paesi la durata è tra i 5 e gli 8 anni). In oltre, fa notare un articolo su Lavoce.info, “anche il timido dibattito sulla cittadinanza per i bambini nati in Italia da cittadini stranieri sembra essersi arenato, nonostante il tentativo di alcuni settori dell’opinione pubblica e di alcune testate giornalistiche di rianimarlo”.
Secondo gli autori dell’articolo, che hanno condotto uno studio sul tema, l’ottenimento della cittadinanza è importante per il processo di integrazione, soprattutto per chi arriva in Italia da rifugiato, in fuga da guerre e persecuzioni: “la cittadinanza può agire come un ‘catalizzatore’ per l’integrazione, portando a un miglioramento degli esiti occupazionali per coloro che riescono a naturalizzarsi, ad esempio, perché permette ai migranti di accedere a occupazioni meglio retribuite”. In questo specifico caso, “la naturalizzazione opera come meccanismo cruciale nel colmare il divario rispetto agli altri migranti, migliorando significativamente l’integrazione dei rifugiati. Viceversa, l’impatto della naturalizzazione sui migranti non rifugiati sembra mediamente trascurabile. Questi risultati suggeriscono che la naturalizzazione possa avere normalmente benefici maggiori per migranti relativamente meno integrati”.
(Foto di pikisuperstar su Freepik)
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