Il caso servizio civile è scoppiato a causa di due parole: cittadino italiano. Ora, quelle stesse due parole potrebbero aprire la strada a un gran numero di giovani residenti nel nostro Paese da lungo tempo, ma tecnicamente non “cittadini italiani”. Nel frattempo, si è riaperta quella che porterà i 18mila volontari, in attesa di partire, verso i rispettivi progetti. I soggetti che hanno denunciato la discriminazione al Tribunale di Milano (Asgi – Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, “Avvocati per niente” e Syed, il 26enne pachistano che non ha potuto partecipare al bando) andranno infatti alla Corte di appello di Milano -ora competente visto il ricorso del Governo- e presenteranno la richiesta di rendere effettiva l’ordinanza a partire dal bando 2012, togliendo dunque ogni effetto retroattivo.

Lo spiega l’avvocato che ha seguito il caso, Alberto Guarisio, al sito internet di E-il mensile: «Abbiamo proposto al giudice due strade. O ritenere la parola “cittadino italiano” -a cui fa riferimento la norma del decreto legislativo che ha attuato la legge istitutiva del servizio civile- quale sinonimo di consociati, cioè di tutti coloro che vivono in territorio italiano, oppure portare la decisione davanti alla Corte costituzionale in modo che decida se la parola “cittadino italiano” intesa come legata al possesso della cittadinanza, sia conforme alla Costituzione oppure no».

Il giudice, trovandosi d’accordo col ragionamento, non ha potuto che seguire la prima via. A quel punto tutto il processo si è bloccato, perché prima dell’emanazione della sentenza sono passati mesi, e la data delle partenze del bando si è avvicinata. E siamo alla cronaca degli ultimi giorni. La notizia ha fatto il giro dei media, è montata la protesta da parte di volontari e associazioni e il Governo ha presentato ricorso. Un ricorso “tecnico” (e non poteva essere altrimenti vista la situazione politica), volto a risolvere il problema del bando 2011, mentre il merito della questione sembra non essere in discussione, se non da alcuni.

In realtà, pare che le cose non siano andate proprio così: «Nei comunicati [il Ministero per la cooperazione internazionale e l’integrazione] ha detto di far ricorso solo per risolvere il problema del bando 2011 -prosegue Guarisio-, in realtà poi nell’appello ha inserito tutto indistintamente, è una contestazione in generale della sentenza di primo grado. Il tutto fra mille contraddizioni. Anche nel mondo politico, perché Borghezio e i leghisti a parte, tutti si sono espressi a favore della nostra battaglia».

Insomma, il principio è salvo, e anche il servizio civile 2012. Oggi non sono solo i 18mila volontari e le associazioni a tirare un sospiro di sollievo, ma anche tutti coloro che si sentono “cittadini italiani”, e che da quest’anno potranno partecipare al bando per il 2013 solo sulla scorta di parametri non discriminatori.