Quelli recenti sono stati tempi duri per i falsi invalidi, colpiti da una politica di controlli sempre più sistematici. Ma una vita ancora più difficile, nel nostro Paese, l’hanno quelli veri: «Rispetto al Pil, l’Italia spende molto più della media dell’Europa a 15 per le pensioni (16,1 per cento contro 11,7 per cento), come gli altri nel totale del welfare (26,5 per cento contro 26 per cento) ma nettamente meno per la non autosufficienza: 1,6 per cento contro 2,1 per cento. Un quarto di meno». Lo scriveva il 9 febbraio Gian Antonio Stella sul Corriere.

Nelle settimane successive, la stessa testata ha ospitato le lettere di persone che hanno voluto condividere la propria storia e le difficoltà quotidiane date una condizione che è piombata loro addosso, e con cui devono fare i conti ogni giorno della loro vita. Talvolta anche per il clima da caccia alle streghe instaurato da questa ricerca spasmodica dei “furbi”. Accade così che Anna debba dimostrare ogni due anni che la poliomelite, contratta nel 1957, le abbia effettivamente portato via le gambe, «ciondolanti e inermi, senza muscoli, senza forza».

Molti altri casi di disagio sono dovuti ai tagli all’assistenza varati in questi anni. Citiamo ancora da Stella: «Dal 2008 al 2013 il Fondo per le politiche sociali precipita nelle tabelle del governo Berlusconi da 929,3 milioni di euro a 44,6. Quello per la non autosufficienza da 300 a 0: zero! Numeri che da soli confermano il giudizio durissimo del Censis: “La disabilità è ancora una questione invisibile nell’agenda istituzionale, mentre i problemi gravano drammaticamente sulle famiglie, spesso lasciate sole nei compiti di cura”. Peggio: “L’assistenza rimane nella grande maggioranza dei casi un onere esclusivo della famiglia”».

Invitiamo a leggere le missive pubblicate dal Corriere, perché in esse si ritrova una parte del “Paese reale” dal quale spesso, più di quanto ci rendiamo conto, la distrazione e l’indifferenza ci allontanano. Ne parla anche Pietro Barbieri, presidente di Fish (Federazione italiana per il superamento dell’handicap): «Troppo diffusamente in questi giorni si ipotizza di considerare le pensioni agli invalidi e gli assegni sociali come se fossero un reddito, al pari delle rendite finanziarie: tassare l’assistenza. Troppo spesso, più soffusamente, si diffonde il convincimento, anche da parte di insospettabili, che bisogna stringere sull’indennità di accompagnamento (490 euro al mese): oltre a non essere in grado di svolgere gli atti quotidiani della vita, bisognerà dimostrare pure di essere indigenti e che la propria famiglia sia alla miseria.

Scenari tutt’altro che rassicuranti per quella che è un’emergenza nazionale a cui il movimento delle persone con disabilità tenterà in tutti i modi di opporsi, ben sapendo che è in gioco il futuro, l’inclusione o la reclusione, la miseria o la dignitosa sopravvivenza. La ‘disabilità’ non è una lobby: è una condizione che attraversa in orizzontale, in verticale, e pure in diagonale, la nostra collettività. Che non ha bisogno di carità, pietà, elemosina e forse nemmanco di solidarietà, ma di diritti certi e opportunità al pari degli altri».

Per continuare a seguire questi temi, consigliamo il blog del Corriere InVisibili, su cui ogni giorno ottime firme del giornalismo (tra cui Franco Bomprezzi) danno voce a un problema che non va mai in vacanza.