di Federico Caruso

Come sappiamo più o meno tutti, quando ci sottoponiamo a uno sforzo fisico il nostro corpo si adatta accelerando il metabolismo. Il consumo di energia aumenta per andare incontro alle richieste dell’attività che si sta facendo, in modo da mantenere in equilibrio l’organismo. Questo vale fino a un certo punto però: all’aumentare della durata dello sforzo fisico, l’incremento del ritmo metabolico si riduce progressivamente, fino ad assestarsi su un valore più o meno costante, che curiosamente è molto simile a quello delle donne incinte e nel periodo di allattamento.

Una ricerca sugli atleti

Un gruppo di ricercatori ha pubblicato di recente su Science Advancements i risultati di uno studio su questo fenomeno. Gli scienziati hanno analizzato l’aumento del metabolismo basale (cioè il dispendio energetico di un organismo a riposo, compresa l’energia necessaria per le funzioni vitali quali respirazione, circolazione sanguigna, digestione, attività del sistema nervoso, ecc.) in alcuni atleti che partecipano a una corsa particolarmente dura e prolungata, la Race Across USA. Si tratta di una corsa che attraversa longitudinalmente gli Stati Uniti, coast to coast, coprendo circa 5mila chilometri in 140 giorni. Sono stati misurati vari livelli energetici dell’organismo degli atleti prima della gara, durante (in diversi momenti) e alla fine. Si è visto così che la loro capacità metabolica (cioè il totale dell’energia consumata diviso per il metabolismo basale) era molto alta nei primi giorni di gara, mentre tendeva ad assestarsi su un valore più basso man mano che passavano i giorni (e i chilometri). Secondo i ricercatori, «la capacità metabolica della prima settimana sarebbe stata sostenibile per circa 70 giorni».

Una strategia evolutiva

Il meccanismo individuato sembra suggerire che tale adattamento metabolico sia una risposta evolutiva che garantisce la sopravvivenza dell’organismo anche su distanze molto prolungate. Questa conclusione è confermata dal fatto che, incrociando i dati rilevati con quelli di altri studi relativi ad altre attività umane (triathlon, Tour de France, trekking artico, gravidanza), si rileva la stessa tendenza. Adattando i dati e mettendoli su una scala logaritmica, si ottiene una curva molto ripida che nel tempo si appiattisce verso un valore comune (circa 2,5 volte il metabolismo basale). Secondo alcune interpretazioni (qui e qui, per esempio), questo studio proverebbe che la gravidanza sia un’attività altrettanto faticosa quanto correre una maratona o affrontare il Tour de France. A nostro avviso si tratta di un’interpretazione forzata della ricerca. Molto più interessante notare questa sorta di schiacciamento generalizzato verso il valore di 2,5, che sembra essere una strategia evolutiva del corpo umano per affrontare lunghi periodi di sforzi (tra cui, s’intende, la gravidanza rientra a pieno titolo).

(Foto di Victoire Joncheray su Unsplash)