Il 14 aprile in Italia è stato l’Alcohol Prevention Day, una giornata dedicata all’informazione sul consumo e l’abuso di alcol, finanziata dal Ministero per la salute. Si sono svolti convegni in tutto il Paese, ed è stata un’occasione per fare informazione sui rischi dati dal consumo di una sostanza che per quasi tutti è molto familiare. Iniziamo subito con qualche numero in merito: «L’indagine sulla popolazione generale 18-64 anni, segnala che il 90 per cento ha consumato alcol nella vita – ha detto a QuotidianoSanità Sergio Schiaffino, dirigente del settore assistenza socio sanitaria alle fasce deboli per la Regione Liguria –. Il consumo di alcol negli ultimi 12 mesi ha riguardato oltre l’80 per cento delle persone. Come emerge dallo studio Espad Italia 2015, il consumo di alcol tra gli studenti di 15-19 anni è molto diffuso e aumenta col crescere dell’età. I maschi consumano più delle coetanee femmine anche se non con significative differenze. Il binge drinking negli ultimi 30 giorni ha riguardato il 34,5 per cento degli studenti di 15-19 anni e il 42 per cento tra i 18-19enni».
La pratica del binge drinking, letteralmente “abbuffata alcolica” (e questo chiarisce molto su cosa sia) è da qualche tempo sempre più diffusa soprattutto tra i giovani. Si tratta di un comportamento molto pericoloso in quanto non percepito come una dipendenza, anche se di fatto si colloca in quell’alveo. Questo tipo di assunzione non è infatti giornaliero, ma episodico, solitamente collegato a un certo tipo di socialità (feste in casa di amici, ma anche in bar, pub o discoteche), che normalmente avviene una o più volte alla settimana. In queste serate il soggetto assume più unità alcoliche, mischiando bevande diverse, perdendo progressivamente il controllo di sé ed entrando in uno stato di grande alterazione delle percezioni e di forte aumento dei rischi per la propria salute e incolumità.
Ciò che dà l’impressione di non trovarsi in uno stato di dipendenza è il fatto che la persona, al di fuori di queste occasioni, può passare giorni senza consumare alcol e senza sentirne il bisogno. Il ripresentarsi del contesto sociale favorevole riattiva il comportamento autolesionista. Una tesi che viene confermata da Mariagrazia Movalli, responsabile dell’Unità funzionale di alcologia del Dipartimento di Neuroscienze Cliniche dell’Ospedale San Raffaele di Milano, che dice a La Stampa: «Anche se non è giornaliero, si tratta di una vera e propria dipendenza, perché viene a mancare il controllo del proprio comportamento e subentra, dopo i primi bicchieri, la reazione impulsiva a bere fino ad ubriacarsi».
Secondo i dati Istat illustrati al convegno che si è svolto all’Istituto superiore di sanità, il binge drinking riguarda 3 milioni e 727mila persone, il 6,9 per cento delle persone che eccedono abitualmente rispetto alle quantità di consumo di alcol raccomandate. Il dato preoccupante è che, man mano che si scende con l’età anagrafica dei soggetti, aumentano le abitudini pericolose e con esse i fattori di rischio: tra i 18 e i 24 anni il binge drinking rappresenta la quasi totalità del rischio complessivo (22,2 per cento dei maschi e 8,6 per cento delle femmine); tra i 16 e i 17 anni raggiunge livelli superiori a quelli medi della popolazione. Si tratta di una tendenza preoccupante, già evidenziata da alcuni anni, che si inserisce in una generale accettazione del consumo di alcol dovuta alla sua pervasività in molte occasioni sociali.
Tale contesto è il terreno su cui, subdolamente, si costruisce per molte persone la prigione invisibile della dipendenza: «Per questa ragione – spiega Movalli –, i primi passi verso un consumo problematico e patologico vengono mossi nell’inconsapevolezza del soggetto, le cui abitudini del bere sono spesso guardate con indulgenza, quando non caldeggiate e condivise». L’assunzione di alcol diminuisce anche la capacità critica del soggetto, che tende a sottovalutare il problema e le sue ricadute. Proprio come altre dipendenze, all’inizio il consumo di alcol dà semplicemente piacere, quindi grazie a un sistema di rinforzo positivo del nostro cervello esso diventa presto un’abitudine.
A proposito di rischi per la salute, occorre ricordare che lo Iarc (International Agency for Research on Cancer) ha inserito l’etanolo e l’acetaldeide (sostanza che diventa dannosa se associata all’alcol, e che è presente in molte bevande alcoliche) tra le molecole direttamente collegate all’insorgenza di tumori. In particolare, è stato dimostrato che la loro assunzione prolungata nel tempo aumenta le possibilità di sviluppare tumori alla cavità orale, faringe, laringe, esofago, colon, fegato e seno femminile.
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