Forse vorreste avere una relazione più armoniosa col vostro partner, ma siete frenati da una rabbia irrisolta. O forse volete riconciliarvi con un amico con cui i rapporti si sono raffreddati, ma vi rifiutate di lasciar correre su una vecchia disputa. Se è così, siete bloccati in una trappola emotiva, secondo Arthur Brooks.
Sono situazioni che capitano a chiunque, e non solo nei casi ovvi in cui ci si aggrappa a sentimenti negativi rifiutando categoricamente di perdonare. A volte si sabota la propria serenità anche quando ci si dice di avere perdonato: sia perché ancora si cova un risentimento profondo, sia perché si resta aggrappati al pensiero di possibili attacchi da sferrare in un secondo momento contro le persone da cui si è subito un torto. Per raggiungere una maggiore felicità e libertà, secondo Brooks, c’è bisogno di abbandonare questo perdono “parziale”. Farlo potrebbe anche guarire alcune delle profonde divisioni nella nostra cultura.
Strategie di coppia
Nel 2018, nel Western Journal of Communication, alcuni ricercatori hanno identificato quattro strategie che le coppie usano per ricucire una relazione dopo che si è verificato un conflitto: discussione, perdono esplicito, perdono non verbale (come mostrare affetto dopo un litigio) e minimizzazione (che comporta la classificazione della trasgressione come non importante e la scelta di non tenerne conto). In uno studio del 2005, i ricercatori hanno scoperto che tutte e quattro queste strategie possono essere efficaci, la scelta dipende di solito dalla gravità della questione.
Parlare di un problema o dire a qualcuno “ti perdono” richiede un certo sforzo e a volte viene vissuto come una ferita all’orgoglio, portando a rinunciare a qualcosa che in realtà si vorrebbe. Così, a volte, si trovano scorciatoie che sembrano buone per risolvere una disputa, ma che alla fine hanno il risultato opposto.
Alcune ricerche hanno indagato anche il “perdono condizionato”, in cui la rivendicazione è rinviata e vengono poste delle clausole (“Ti perdonerò quando farai X e Y”), e sullo “pseudo-perdono”, che avviene quando i partner decidono di rimuovere o ignorare un problema senza effettivamente arrivare al perdono (da non confondere con la minimizzazione, che è un’altra cosa). Il perdono condizionato può fornire ciò che i ricercatori chiamano “protezione emotiva” – cioè una sensazione di sicurezza – al partner danneggiato, ma può anche mantenere aperta una ferita. Lo pseudo-perdono può prolungare una relazione che resta però infelice, perché non c’è un vero perdono, e questo alla lunga ne minerà la sopravvivenza. Lo pseudo-perdono non risolve nulla, e può invece dare luogo a un rancore che viene sfruttato nei momenti di irritazione.
Oltre le relazioni sentimentali
Queste informazioni sono utili anche al di fuori delle relazioni di coppia. Tra amici e colleghi di lavoro, il perdono condizionato e lo pseudo-perdono sono probabilmente ancora più distruttivi, spiega Brooks, dato il livello di coinvolgimento emotivo generalmente più basso che queste relazioni comportano.
Il perdono parziale si riscontra anche nelle comunità in conflitto. Per esempio quando un gruppo o un partito promette che la società non vedrà mai la pace senza che siano soddisfatte le condizioni che esso stabilisce, oppure quando in momenti chiave, come le elezioni, riesuma torti passati che non sono mai stati veramente risolti. Queste strategie possono dare potere politico a coloro che le propongono, ma è improbabile che guariscano le ferite aperte. Al contrario, grandi fratture politiche possono richiudersi attraverso la discussione: non puntando a essere d’accordo, ma cercando di capire le posizioni altrui e ascoltandosi reciprocamente. E quando si tratta di guarire intere società dalla polarizzazione politica, suggerisce Brooks, non è da escludere la minimizzazione.
Tre principi
Brooks suggerisce tre principi da tenere a mente rispetto a questo tema.
In primo luogo, è bene ricordarsi che risolvere un conflitto non è un atto di altruismo: il primo beneficiario è chi perdona.
In secondo luogo, bisogna ampliare il proprio repertorio di risoluzione dei conflitti, specialmente se quelli provati in precedenza non funzionano. Se si tende sempre a minimizzare i torti subiti, forse è il caso di passare a una discussione che porti magari a un perdono esplicito o non verbale.
Terzo, non scartare troppo in fretta la minimizzazione. In molti casi, abbandonare un conflitto piuttosto che cercare di risolverlo è la soluzione migliore. «Nel mio lavoro sulla riconciliazione politica – scrive Brooks –, ho scoperto che questo è il caso di molte persone con grandi disaccordi ideologici. I conflitti semplicemente impallidiscono quando vengono messi esplicitamente accanto ai legami familiari o di amicizia. Chiedetevi se la vostra battaglia politica è importante al punto da troncare i rapporti con una persona cara, e agite di conseguenza».
(Foto di Karim MANJRA su Unsplash )
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