Bisogna leggere a tutti i costi? Hanno davvero senso le campagne come #ioleggoperché, che stimolano alla lettura? Sono utili o dannose? Leggere è un’attività più importante di altre che possono essere altrettanto arricchenti? Queste e altre riflessioni nell’articolo di Demetrio Paolin pubblicato su Esquire, di cui riportiamo un estratto.
Antefatto. Sono in una sala d’attesa del dentista, insieme a me c’è mia figlia Rebecca. Io guardo il cellulare e Rebecca legge un libro. Mentre siamo lì ognuno pensando ai fatti propri, arriva una signora, che si siede di fronte a noi due. Dopo un po’ che ci osserva, si rivolge a mia figlia: “Sei proprio una brava bambina, che leggi”. Rebecca imbarazzata sorride, ma la signora aggiunge: “E dovresti insegnare anche al tuo papà che è meglio un libro di quell’aggeggio infernale”. Io sto per risponderle, quando lei cerca nella sua borsa un libro e lo apre. Io guardo il titolo ed è un testo di Nicholas Sparks e preferisco starmene zitto e aspettare che venga chiamato il nostro turno.
Questo piccolo e, di certo, insignificante episodio mi è tornato in mente quando nella mia mail ho ricevuto le notizie legate all’attività #ioleggoperché. Tutte le volte che sento parlare di questa iniziativa, non posso nascondere le mie perplessità, pur avendoci partecipato alcune volte, anzi forse proprio per questo motivo, sull’utilità di queste iniziative. Partiamo dall’episodio che mi è accaduto. La prima cosa che mi ha infastidito della signora è la supponenza.
C’è questa malsana idea che leggere i libri ci renda migliori, questa idea produce come risultato un senso di superiorità da parte di chi legge i libri nei confronti di chi non lo fa. Questo si nota anche negli spot in cui si fa promozione della lettura, che vivono di stereotipi tremendi: chi legge è di solito una donna o se è un uomo è timido, insicuro e sfigato dal punto di vista del fisico; chi non legge è di solito un che va in palestra, che bada alle apparenze etc etc… Chi legge si sente privilegiato, appartenente a una casta di “optimi” che non può accettare il fatto che possano leggere anche persone reputate inferiori. Qualcuno si ricorda la sollevazione popolare in rete quando alcuni volti delle reti Mediaset, che allora incarnavano il male, si prodigarono per la promozione della lettura? Vi ricordate Maria De Filippi, Barbara D’Urso, Paolo Bonolis e altri volti noti della televisione che sostenevano la bellezza di leggere un libro?
Ora leggere un libro non rende né migliori né peggiori. Lo so che questa cosa sembra sconvolgente ma è così; accettarla sarebbe un primo passo in avanti. Leggere un libro non è un’avventura, non è un viaggio, non è esperienza bellissima e unica, ma è solo aprire un testo scritto da un autore, redatto e corretto da una serie di figure intermedie (editor, correttori di bozze e grafici), pubblicato da una casa editrice, distribuito e infine venduto da un libraio. Le parole che sono scritte dentro questo libro raccontano storie o ci forniscono saperi e conoscenze che non conoscevamo e quindi non ci rendono migliori, ma al massimo modificano in qualche modo ciò che non sappiamo del mondo o della nostra vita interiore.
Qualcuno già lo vedo che dirà: ma messa così non è mica un’attività interessante! Ma non è detto da nessuna parte, che leggere deve essere figo, che leggere deve essere alla moda, che leggere debba diventare un trending topic sui social. Perché se sposiamo questa idea di lettura, allora diventa vera anche la frase, che spesso ho sentito pronunciare da genitori/professori riferita ai loro figli/alunni: “Basta che leggano”. Siete sicuri che basti leggere? La mia domanda è: “Cosa?”. Ecco, cosa debbono leggere? Per rispondere a questa domanda prendo spunto da alcune impressioni. Mi pare che i ragazzi fino ai 14/15 anni siano lettori forti, molto più dei loro genitori. Leggono un po’ disordinatamente, ma leggono tutto. Cosa succede a questi ragazzi? Come mai nel giro di poco tempo, una decina d’anni, crescendo non leggono più o leggono pochissimo ed entrano nel novero di quelle persone che hanno pochi o, addirittura, nessun libro in casa? Come è possibile che questo patrimonio di lettori venga perduto?
Certo ci possono essere dei dati oggettivi: il costo del libri? Può essere. Una scelta scolare e universitaria molto specializzata? Può essere. Il fatto che il bisogno di storie, di narrazione e d’evasione sia soddisfatto dalle serie televisive, dai videogiochi, dal cinema? Può essere. Secondo me però nessuno pensa ai disastri che si producono facendo una campagna di lettura “a-critica”.
Non è vero che basta leggere. Non lo è, non tutti i libri sono uguali, non tutti i libri sono utili, non tutti i libri sono belli. “Spingere i bambini/ ragazzi a leggere qualunque cosa” produce dei lettori disattenti, annoiati, poco preparati, discontinui, che non hanno idea di cosa sia bello e brutto, che non hanno capacità di giudizio e di analisi. Dire che tutti i libri sono la stessa cosa, perché se leggi sei migliore di coloro che non leggono è de facto un incentivo alla diseducazione e all’analfabetismo funzionale. Non è un caso che molte volte i ragazzi delle medie non sappiano fornire un riassunto del libro; e non perché non hanno letto il libro ma perché il riassunto è il primo tassello di una critica testuale, il primo movimento con cui si interiorizza la lettura, in cui ci costruisce uno schema. È questa incapacità sta nella mancanza di “ferri del mestiere” per leggere i testi.