Sul rapporto tra gravidanza e coronavirus ci sono ancora molti più dubbi che certezze. Un recente studio condotto in Francia sembra dimostrare che la trasmissione del virus per via transplacentale sia possibile. Si è osservato infatti che una donna di 23 anni, ricoverata con sintomi da COVID-19 (e poi trovata positiva al virus), ha trasmesso il virus al figlio appena nato. Rispetto ad altri casi simili, in questo si è riusciti a dimostrare che il contagio è avvenuto durante la gravidanza, e non invece dopo il parto, a causa dell’esposizione ambientale del neonato a un ambiente infetto. C’è bisogno di ulteriori studi in questo senso, ma le domande sul tema sono ancora molte.

Quali sono i rischi per la madre?

Una serie di studi, di cui si parla in un recente articolo del New York Times, fanno pensare che le donne in gravidanza abbiano una maggiore probabilità di sviluppare una forma grave del COVID-19. Il mese scorso, si legge sul giornale statunitense, il Centers for Disease Control and Prevention ha pubblicato il suo primo report sul tema, che confermava quanto appena scritto. Il campione considerato era piuttosto consistente (più di 8 mila donne), ma secondo molti la ricerca lascia aperti numerosi aspetti poco chiari. Uno studio su 53 donne in Svezia ha trovato che il rischio di avere bisogno di cure intensive “potrebbe essere più alto” nelle donne incinte, se comparato con donne non incinte della stessa età. In ogni caso, non tutte le donne incinte considerate nello studio erano state ricoverate per sintomi da COVID-19 e non c’è modo di sapere quante donne non incinte sono state ricoverate per coronavirus piuttosto che per altri motivi. I dati raccolti dal Sistema di sorveglianza ostetrica del Regno Unito hanno mostrato che il 10 per cento delle 427 donne incinte affette da coronavirus ricoverate tra il primo marzo e il 14 aprile ha avuto bisogno di supporto respiratorio.

Cosa dice l’Istituto superiore di sanità

In un articolo dell’Istituto superiore di sanità (Iss), pubblicato a marzo sul sito del Centro regionale di informazione delle Nazioni unite, si conferma che «Le donne in gravidanza sono considerate una popolazione a rischio per le infezioni respiratorie virali, come le infezioni da COVID-19 (Corona Virus Disease) e l’influenza stagionale, per le possibili conseguenze sulla madre e sul feto. Per quest’ultima è raccomandato il vaccino in gravidanza all’inizio della stagione influenzale. In assenza di un vaccino contro il SARS-CoV-2, virus responsabile della COVID-19, alle donne in gravidanza e ai loro contatti sono raccomandate le comuni azioni di prevenzione primaria che prevedono l’igiene frequente e accurata delle mani e l’attenzione a evitare il contatto con soggetti malati o sospetti, secondo le raccomandazioni del Ministero della Salute e delle istituzioni internazionali. Al momento non si hanno informazioni circa la suscettibilità delle donne in gravidanza alla patologia da nuovo coronavirus SARS-CoV-2». Già a marzo quindi si ipotizzava ciò che dati più recenti sembrano confermare, ossia che per le donne incinte ci sia una maggiore possibilità di contrarre una forma più grave di COVID-19. Non c’è nulla invece a supporto dell’ipotesi che queste abbiano più probabilità di ammalarsi rispetto al resto della popolazione. Per tutte le informazioni più aggiornate in merito a gravidanza e coronavirus, consigliamo di visitare periodicamente questa pagina del sito dell’Iss.

COVID Mothers Study

Fino al mese di ottobre è inoltre possibile partecipare al COVID Mothers Study, uno studio internazionale sul tema rivolto a madri che hanno contratto l’infezione da SARS-CoV-2. È possibile partecipare fino a ottobre di quest’anno, compilando un questionario online con domande sulla propria esperienza, tra cui: «C’è stata separazione dal bambino alla nascita? Le è stato permesso di avere un contatto pelle-a-pelle nella prima ora dopo il parto?», ecc. Per ulteriori informazioni, si può visitare il sito dello studio.

(Foto di Aditya Romansa su Unsplash)