Siamo in piena estate, ma è giusto porsi il problema fin da ora. Da più parti viene richiesto un piano per la ripresa scolastica, ma finora non c’è nulla di concreto da parte del governo. Lo scenario politico è molto cambiato rispetto a un anno fa, e ci auguriamo che gli esiti siano più felici dell’ultima volta.

«Per contenere la diffusione del Covid-19 – scrive Lavoce.info –, la maggior parte dei paesi ha chiuso le scuole ad aprile 2020: circa 1,6 miliardi di studenti e studentesse, il 90 per cento dell’intera popolazione studentesca mondiale, non hanno frequentato la scuola in presenza».

In Italia, «durante il primo lockdown le scuole sono state chiuse per un periodo particolarmente lungo, dal 24 febbraio 2020 fino alla fine dell’anno scolastico, per un totale di 80 giorni. Ove possibile, si è fatto ricorso alla didattica a distanza, la cui piena realizzazione è stata tuttavia ostacolata dalla limitata disponibilità di strumenti digitali».

Il Corriere fa notare che «il Cts ha messo in chiaro che se non ci saranno novità dal punto di vista dell’immunità restano in vigore le vecchie regole e cioè: mascherine e distanziamento in aula, quarantene e controlli in caso di contagi, turni e Dad […] Se non cambieranno le misure imposte dal Cts e non ci sarà l’immunità di gregge, è molto probabile che per gli studenti soprattutto delle scuole superiori si riaffacci la prospettiva delle lezioni da casa, almeno per una parte dell’orario scolastico. È una prospettiva che il governo vorrebbe allontanare con la campagna dei vaccini — non sono infatti previste attività di formazione per i docenti — ma che potrebbe diventare realtà». Alcuni problemi strutturali restano, come la disponibilità di aule – per rispettare il distanziamento – e di un sistema di mezzi di trasporto adeguato – nel caso venga decisa una riduzione della capienza massima.

Le proposte di Cittadinanzattiva

Un segnale positivo, sottolinea Cittadinanzattiva, «è contenuto nell’approvazione, all’interno del DL Sostegni Bis, del Fondo per l’emergenza epidemiologica da COVID-19 per l’anno scolastico 2021/2022, con lo stanziamento di 350 milioni di euro nel 2021, da destinare a spese per l’acquisto di beni e servizi».

L’associazione chiede al governo di approvare con urgenza «un piano di azioni da mettere in atto in otto settimane, perché riteniamo che a settembre vada garantita, senza ulteriori deroghe, la scuola in presenza per i quasi 10 milioni di studentesse e studenti».

Le iniziative sono state delineate sulla base di un sondaggio svolto tra gli stessi studenti che, seppure basato su un campione non statistico, offre alcune prospettive interessanti. Si chiede in particolare una campagna di comunicazione per informare gli studenti sulla vaccinazione e spingerli a farla (e i genitori a non avere timori o esitazioni in merito); uno sforzo per raggiungere e vaccinare le oltre 200 mila persone, tra insegnanti e personale scolastico, che ancora non hanno ricevuto nemmeno la prima dose; il tracciamento dei contatti; l’uso di mascherine di qualità adeguata durante l’orario scolastico; l’acquisto di impianti per la sanificazione e il ricambio dell’aria in linea con le indicazioni dell’Istituto superiore di sanità; di «moltiplicare le esperienze cosiddette “blended” in cui la didattica a distanza, nelle sue forme più innovative, è parte integrante di quella in presenza»; spazi necessari a garantire il distanziamento in aula; un raccordo efficace tra gli orari delle scuole e quelli del trasporto pubblico locale.

Chi è più svantaggiato dalla didattica a distanza?

Capire le conseguenze della didattica a distanza è fondamentale per fare valutazioni sulle politiche seguite fin qui e per definire quelle future.

Su Lavoce.info sono stati presentati i risultati di una ricerca che prova a fare una valutazione a partire dall’andamento dei livelli di apprendimento della matematica in un gruppo di scuole primarie della provincia di Torino. La scelta della materia è dovuta al fatto che, secondo diverse ricerche, in matematica le differenze di apprendimento sono più evidenti. È stato osservato il rendimento di un gruppo di studenti che hanno frequentato la terza primaria nel 2018-2019, e di un altro composto da studenti che hanno frequentano la terza nelle stesse scuole nel 2019-2020.

Questi dati sembrano rispecchiare quelli dei test Invalsi: «Dal confronto tra i risultati del 2019 e quelli del 2021 emerge una certa stabilità nella scuola primaria – scrive il Post –: non ci sono state particolari difficoltà nella comprensione del testo in italiano e in inglese, mentre c’è stato un leggero peggioramento nell’apprendimento della matematica».

Il danno maggiore in termini di apprendimento, ha concluso la ricerca, è stato sperimentato da bambini e bambine con genitori non laureati e rendimenti scolastici superiori alla media. Hanno perso di più in termini di apprendimento anche le figlie femmine di genitori senza una laurea. Un’ipotesi è che questi bambini e bambine siano quelli che traggono maggior beneficio dagli stimoli offerti dalla scuola in situazioni normali.

(Foto di Thomas Park su Unsplash)

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