Il patrimonio artistico e archeologico presente in Sicilia è inestimabile, lo sa anche chi non c’è mai stato. Dovrebbe essere la regione più ricca e importante del Mediterraneo per la quantità di opere architettoniche, la pittura, la scultura, i numerosi siti che testimoniano le civiltà del passato. È anche difficile parlare di “siti”, perché le tracce della Storia si ritrovano un po’ ovunque, almeno dove l’uomo moderno si è astenuto dal costruire le proprie tracce, che difficilmente, nella maggior parte dei casi, attireranno l’interesse dei posteri. Dovrebbe essere la più ricca, si diceva, eppure non lo è. Non bastano Siracusa, Noto, Ragusa Ibla, Agrigento, Palermo, solo per citare le città a più alta concentrazione di tesori del passato. Non bastano perché purtroppo chi amministra la regione e le città non è all’altezza, o non ha i soldi per farlo, o deve scontrarsi contro una precisa volontà che spinge perché le cose non funzionino.
Prendete Marsala e la nave punica. Forse questo non lo sanno proprio tutti, ma a Marsala (Trapani) ci sono i più antichi (e impressionanti) resti di una delle numerose navi affondate durante la battaglie delle isole Egadi, che si combatté il 10 marzo del 241 a.C. (o almeno è probabile che sia così, ci sono diverse teorie al riguardo, ma sulla datazione dei resti non ci sono dubbi). Un pezzo unico al mondo. Il ritrovamento risale ai primi anni ’70, cui sono seguiti i trattamenti per il recupero e la conservazione dei materiali. Dal 1978 al 1999 la nave è rimasta esposta nel museo archeologico coperta da un telo, perché le condizioni architettoniche del museo “Baglio Anselmi” non erano idonee. La si poteva guardare da alcune finestrelle. Poi nel 1999 finiscono i lavori di condizionamento dell’ambiente di esposizione (durati quindi ventun anni) e finalmente il pubblico può ammirare il legno annerito dal trattamento con cera sintetica, le lettere dell’alfabeto fenicio che evidenziano l’avanzato sistema di costruzione e montaggio delle navi che ha reso famosi i punici in tutto il Mediterraneo per la loro abilità e rapidità. E veniamo a oggi, anzi a ieri pomeriggio quando, entrando nel museo, chi scrive nota che non c’è alcun sistema di climatizzazione attivo. Fa caldo, proprio come in un qualsiasi stanzone chiuso. L’impianto di condizionamento non funziona, e chissà da quanto. I resti della nave sono lì (assieme a una nutritissima collezione di anfore), come in un qualsiasi capannone, al caldo, quando fa caldo, all’umidità quando il tempo è umido, eccetera. Sarà capace l’uomo di distruggere ciò che il tempo ha avuto la clemenza di conservare?
Spostiamoci nel centro di Mazara del Vallo, a pochi chilometri da Marsala, sempre nei confini della provincia di Trapani. Una visita al museo diocesano può regalare al visitatore una panoramica completa di stili dal 1400 al Rococò, ostensori, calici e pissidi affascinanti nella loro raffinatezza ed elaborazione dei dettagli (il cui obiettivo era soprattutto dimostrare la potenza della diocesi), e poi un Cristo in alabastro rosa che non ha eguali per dimensioni e bellezza. Peccato per l’atmosfera soffocante che si respirava nelle sale del museo al momento della visita: anche qui l’impianto di condizionamento ha un ruolo cardine nel rendere davvero impegnativo il giro, soprattutto pensando che fuori spira una piacevole brezza estiva (era un sabato e il museo restava aperto fino a mezzanotte, questo va detto). Spostandosi poi per le viuzze del centro si può poi raggiungere nella suggestiva chiesa di Sant’Ignazio, datata 1701, che si sviluppa su una pianta ovale segnata da otto coppie di colonne. La volta è crollata nel 1933 e da allora la struttura è stata utilizzata per riunioni consiliari, cineforum e altre attività. Peccato che quello stesso sabato la porta della chiesa fosse aperta su uno spazio totalmente buio e non custodito. Un luogo certamente in grado di attrarre curiosità e interesse di turisti e appassionati, lasciato alla mercé di un qualunque pennarello indelebile che voglia lasciare al mondo parole importanti come “nome + nome insieme 4ever”.