L’Italia ha un problema nel gestire le iniziative che arrivano dalla società civile e che non seguono le procedure istituzionali per attuarsi. I recenti sgomberi a Bologna e Roma ne sono la prova. Nel capoluogo emiliano ne hanno fatto le spese il collettivo Atlantide e le famiglie che avevano occupato la sede ex Telecom, sgomberati rispettivamente il 9 e 20 ottobre. Nella capitale è invece stato svuotato il centro Baobab, che ospitava immigrati cosiddetti “transitanti”, ossia in cerca di rifugio temporaneo con l’obiettivo di raggiungere il Nord Europa. In questi casi c’è sempre un movente sicuro per l’azione di polizia: la legalità.

Bisogna però ricorda che tutte queste iniziative partono dall’idea di riappropriarsi di uno spazio della città abbandonato al degrado, per sviluppare un progetto che, a seconda delle intenzioni, può declinarsi dal punto di vista politico, sociale, culturale, ecc. La politica lascia fare, per anni, finché non accade qualcosa che renda conveniente lo sgombero, spesso questioni di popolarità elettorale. È innegabile che queste iniziative nascano dall’occupazione di stabili privati o demaniali, ma in tutti i casi citati si tratta di immobili abbandonati all’incuria e al degrado, che vengono recuperati, resi accoglienti, vivi. A quel punto è piuttosto miope sottrarli a chi ne sta facendo un luogo di aggregazione e di sviluppo sociale, col solo intendo di restituirli alla proprietà, affinché questa possa legittimamente restituirli all’oblio.

Si dice spesso che la politica è arte della mediazione. Quale maniera più evidente di tradirne l’essenza, se non l’invio di camionette delle forze dell’ordine, pronte a usare il manganello se qualcuno protesta? Per citare un altro caso bolognese, qualche anno fa la logica legalitaria portò allo sgombero del centro sociale Bartleby, importante centro culturale a due passi dal centro, gestito da giovani studenti e artisti che vi hanno realizzato iniziative di grande rilievo. Lo spazio era di proprietà dell’università, che dopo qualche anno ne ha preteso la restituzione, adducendo come motivazione la volontà di realizzare nuove strutture d’ateneo. La porta d’ingresso è stata murata quasi tre anni fa (seppellendo al suo interno il patrimonio custodito, tra cui una biblioteca e un’emeroteca), e passandoci davanti si possono notare tuttora i mattoni che impediscono l’accesso, a testimoniare il fatto che tale volontà non era poi così forte.

Del centro Atlantide hanno parlato giornali di tutto il mondo (qui un articolo del Guardian). Si trattava di un luogo importantissimo per la cultura Lgbt e femminista. Dopo dieci anni di attività, tutto è finito in una mattinata, lasciando tutti attoniti. L’occupazione dell’ex sede Telecom era invece molto più recente e nasceva dall’emergenza abitativa che riguarda ampie fasce della popolazione, italiana e non, che aveva deciso di appropriarsi di quegli spazi anche per dimostrare l’inadeguatezza delle politiche sociali delle istituzioni locali. Stesso copione a Roma, dove il centro d’accoglienza Baobab, dopo alcuni avvertimenti, è stato sgomberato. Il problema è che di centri per transitanti a Roma non ce ne sono, quindi queste persone dovranno essere ricollocate in situazioni ancora più precarie. Le istituzioni, per garantire un trattamento dignitoso ai soggetti interessati dal problema, avrebbero potuto collaborare con gli attivisti, invece sono state assenti. Le promesse non sono mancate, ma poi non è successo nulla, come riporta Internazionale: «A giugno il comune aveva detto che avrebbe aperto una struttura per transitanti in un edificio di proprietà delle Ferrovie dello stato, il Ferrhotel di via Masaniello, ma la promessa non è stata mantenuta». La struttura giace tuttora in stato di abbandono.

Le iniziative dal basso non si fermano, e proprio in questi giorni a Bologna è stato inaugurato un dormitorio all’interno del centro sociale Làbas, in via Orfeo. I ragazzi di Làbas, tre anni fa, hanno recuperato una ex caserma invasa dalla polvere e dalle erbacce, le hanno ridato vita, ne hanno fatto un punto di riferimento per la cultura e l’aggregazione del quartiere e della città. Eppure da qualche settimana dall’amministrazione arrivano minacce di sgombero, perché in ballo ci sarebbero progetti per trasformare lo stabile in parcheggio e albergo. Questo per dare un quadro di alcune importanti realtà italiane che stanno conoscendo un momento di grande fermento. Chissà quante altre ce ne sono che meriterebbero attenzione.

È giusto essere per la legalità, anche noi lo siamo, ma la politica dev’essere in grado di valutare le singole situazioni, anche quelle meno ordinarie, perché sono comunque il segnale di bisogni e stati d’animo condivisi, di servizi che mancano e risposte che non arrivano da troppo tempo.

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