Da decenni il mondo della scienza si confronta sul fatto che esista o meno una sindrome da astinenza dai farmaci antidepressivi. La questione è molto delicata, visto che si fa un largo uso di questi farmaci a livello mondiale, in integrazione a terapie non farmacologiche (psicoterapia). A livello di consumo l’Italia è leggermente sotto la media europea, come si vede nella figura 1 di questo report. Secondo una ricerca dell’Osservatorio sulla salute dell’Università Cattolica di Milano, le dosi prescritte per mille abitanti in Italia si attestano poco sotto le 40 (il dato più recente è del 2016). La cifra è cresciuta molto rispetto al 2006, quando era intorno ai 30, ma negli ultimi anni si è stabilizzata. «Estrapolando i dati – ha scritto Chiara Palmerini sul Tascabile –, significa che in un anno, circa due milioni di italiani, il 6 per cento della popolazione, ricevono una prescrizione di antidepressivi. Negli Stati Uniti, secondo gli ultimi dati del National Center for Health Statistics, li assume quasi il 13 per cento». Lo stesso articolo di Palmerini spiega quale sia stato il lungo e tortuoso percorso che sta portando, in anni recenti, al riconoscimento di una vera e propria sindrome da astinenza da farmaci antidepressivi.
C’è innanzitutto una disputa terminologica sul tema, iniziata non appena si è cominciato a discuterne, negli anni ‘90 del secolo scorso: «Gli opinion leader nel campo della psichiatria hanno etichettato l’insieme dei sintomi riportati dai pazienti come discontinuation syndrome, ovvero sindrome da sospensione. In quegli anni, nel dibattito rimasto tutto interno alla cerchia degli addetti ai lavori, c’era già chi spingeva per classificare la sindrome come withdrawal syndrome, ovvero sindrome da astinenza. Dietro quella che può apparire una banale questione terminologica, c’è di più. La sindrome da astinenza infatti è quella provocata dalle sostanze che causano dipendenza, fenomeno drammaticamente noto e stigmatizzato a livello sociale. La manovra era dunque di evitare qualunque assimilazione tra droghe e antidepressivi. “Il messaggio che passava era che la sindrome provocata dalla sospensione dei farmaci era benigna, transitoria e breve. È il motivo per cui ci sono voluti vent’anni per far chiamare le cose col loro nome”, dice Fiammetta Cosci, professore all’Università di Firenze dove, dal 2018, ha attivato un gruppo di studio e un servizio proprio per aiutare i pazienti a smettere di assumere gli psicofarmaci». I disturbi denunciati dai pazienti sono molto diversi tra loro, e si manifestano a ridosso della sospensione della somministrazione: «Dalla nausea all’insonnia fino all’agitazione, ansia o a disturbi dell’equilibrio e sensoriali, sensazioni come di scossa elettrica – emergono subito dopo la riduzione o la sospensione dei farmaci, nel giro di due-tre giorni, a volte addirittura ore. […] anche fra i sintomi psicologici, i pazienti ne accusano di nuovi, mai avuti prima, rispetto a quelli che avevano portato alla diagnosi iniziale».
Un momento molto importante nella ricerca scientifica è quando vengono pubblicate le revisioni sistematiche, cioè articoli che aggregano i risultati di tutti i precedenti studi fatti su uno stesso argomento. La prima pubblicazione importante in questo è molto recente: «Bisogna arrivare al 2015 quando sulla rivista Psychotherapy and Psychosomatics, oggi la quinta per impact factor nel settore della psichiatria e che pubblica anche su temi controversi e più lontani da quelli mainstream, appare la prima revisione sistematica. […] emerge questa volta una descrizione un poco più chiara della sindrome: i sintomi si manifestano a distanza di pochi giorni dalla sospensione degli SSRI [inibitori della ricaptazione della serotonina], e durano alcune settimane. Gli autori raccomandano inoltre di aggiungere questa classe di farmaci alla lista di quelli potenzialmente in grado di provocare dipendenza e sintomi da astinenza, al pari di medicinali famigerati per questo effetto, come le benzodiazepine o i barbiturici».
Un’altra revisione sistematica è del 2018, e ha permesso di conoscere la dimensione del problema: più della metà dei pazienti che smettono di prendere antidepressivi, affermano gli autori, hanno esperienza di una sindrome moderata o grave, che si può protrarre per settimane o mesi.
(Foto di Ian Espinosa su Unsplash)