Sul tema dei migranti, le politiche europee dovrebbero cambiare. La gestione securitaria dei confini da parte dell’UE (e degli Stati che ne fanno parte) sta provocando sofferenze, morti, ingiustizie. L’Italia non fa meglio in questo senso, supportando politiche di respingimento e di detenzione prolungata che calpestano qualunque idea di rispetto dei diritti umani.
Duole ammetterlo, ma purtroppo negli ultimi anni siamo tutti vittime di un’aggressiva propaganda anti-immigrati che non trova giustificazione nelle dimensioni del fenomeno. Gli ingressi di molti esseri umani sul territorio europeo avvengono illegalmente perché per molte persone, “colpevoli” solo di essere nate nel posto sbagliato, non c’è una via legale di arrivo. Non rappresentano una minaccia, anzi, se proprio vogliamo ragionare in termini economici, la maggior parte di esse rappresenta una risorsa, in un continente che sta conoscendo un rapido declino demografico. Ed è una situazione di cui lo stesso Parlamento europeo è ben consapevole. «Nel maggio del 2021 – ha scritto Eleonora Camilli su Redattore Sociale – il Parlamento europeo ha votato una risoluzione per chiedere una legislazione Ue sulla migrazione legale che “attirerebbe i lavoratori, indebolirebbe i trafficanti di esseri umani, faciliterebbe l’integrazione e incoraggerebbe una migrazione più ordinata”. Nel testo è lo stesso Parlamento a sottolineare che dal 2015 le forme di migrazione legale figurano a malapena nello sviluppo della politica europea. In particolare il Nuovo Patto sulla Migrazione e l’Asilo non include alcuna proposta specifica in merito. Ma si concentra molto sul controllo esterno della frontiera, su come cioè fermare i flussi verso l’Europa nei paesi di origine e transito. Mentre quando parla di sponsorship lo fa solo in relazione ai rimpatri.
Eppure secondo il Parlamento attivare vie legali e sicure sarebbe un’opportunità soprattutto per gli stati membri. Innanzitutto tenendo presente l’invecchiamento della popolazione e la contrazione della forza lavoro: “Le politiche dell’Ue e nazionali in materia di migrazione legale dovrebbero concentrarsi sul fornire una risposta alle carenze dei mercati del lavoro e delle competenze”, spiega il Parlamento Europeo in una nota, dove chiede che la legislazione in vigore sia rivista e che il campo di applicazione sia più ampio. Nel testo viene anche sottolineato il ruolo importante delle rimesse e i benefici che una migrazione sicura, regolare e ordinata comporta sia per i paesi d’origine che per quelli di accoglienza.
Ma ad oggi la possibilità di arrivare in Europa da alcuni paesi in maniera regolare (con un visto d’ingresso e un passaporto) è pressoché impossibile. Non solo per chi vuole migrare per migliorare la propria situazione economica, ma anche per i tanti migranti forzati, in fuga da guerre, persecuzione, violenze e violazioni dei diritti umani».
All’interno delle istituzioni europee è in corso quindi una grande contraddizione che vede da una parte il Parlamento esprimersi in questi termini, dall’altra un’agenzia come Frontex attuare condotte illegali ormai acclarate.
L’Italia purtroppo non fa eccezione a livello di approccio, e il nuovo governo ha annunciato di voler puntare ancora di più sulla detenzione dei migranti. «Al momento – spiega Annalisa Camilli su L’Essenziale – in Italia sono attivi dieci Cpr (Centri di permanenza per i rimpatri, ndr) per un totale di 1.100 posti, ma il piano del governo Meloni è quello di ampliare ulteriormente la rete con un investimento di 42 milioni di euro in tre anni. Lo prevede la manovra finanziaria varata il 21 novembre dal consiglio dei ministri e ora al vaglio del parlamento. L’obiettivo annunciato è quello di assicurare “la più efficace esecuzione dei decreti di espulsioni dello straniero”.
Nel 2021 sono transitati all’interno dei dieci centri attivi poco più di cinquemila persone, ma ne sono state espulse meno del cinquanta per cento, cioè 2.519, in linea con quanto avvenuto negli anni precedenti. Il motivo è che mancano gli accordi di rimpatrio con i paesi di origine. A fronte della loro scarsa efficienza, i centri hanno un costo elevato (nel 2021 sono stati spesi più di 40 milioni di euro per i dieci centri esistenti) e inoltre continuano a essere luoghi in cui avvengono negligenze e abusi. […]
In un comunicato la Cild sottolinea che “i Cpr sono luoghi per i quali non esiste un ordinamento o un regolamento – così come per esempio avviene per il carcere – e l’esercizio dei diritti delle persone trattenute è difficoltoso e incerto (per esempio il diritto alla salute, alla comunicazione con l’esterno, all’assistenza legale). Inoltre, la gestione privata di questi centri li rende un vero e proprio business che, in nome della massimizzazione del profitto, comprime ancora di più i servizi che dovrebbero essere offerti alle persone recluse, va ricordato, senza che abbiano commesso alcun reato”».
(Foto di Jakob Braun su Unsplash)
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