Spesso si lamenta il fatto che il sistema carcerario italiano investa troppo poco nel reinserimento dei carcerati, limitando il loro periodo di detenzione a una lunga attesa, che spesso favorisce un alto tasso di recidiva. Luigi Ferrarella spiega sul Corriere cosa sta facendo in questo senso la Cassa delle ammende, ente del Ministero della giustizia.

Dalla formazione professionale agli alloggi, i progetti (e i fondi) di Cassa delle Ammende e Regioni. Certo che alla società costa insegnare un lavoro a un detenuto in carcere. Ma alla collettività costa di più lasciare che la pena sia solo un intervallo di reclusione tra una delinquenza e la successiva recidiva di delinquenza, così come avviene per 3 detenuti su 4 che scontano la pena tutta in cella. Recidiva infinitamente più bassa invece per chi ha la possibilità dal carcere di sperimentare lavoro e studio.

Proprio su questo si concentra la Cassa delle Ammende, l’ente con personalità giuridica di diritto pubblico del Ministero della giustizia, che, utilizzando le somme pagate dai cittadini come sanzioni pecuniarie e i proventi dei corpi di reato non reclamati, per statuto finanzia il reinserimento dei detenuti nel solco dell’articolo 27 della Costituzione sulle pene che “devono tendere alla rieducazione del condannato”. In tandem con le Regioni (comprese quelle i cui vertici politici in pubblico amano atteggiarsi a “prigionisti”), per il 2020-21 gli interventi della Cassa presieduta dall’ex magistrato Gherardo Colombo stanno riguardando 13.725 detenuti.

In 19 progetti per la formazione professionale e l’inclusione lavorativa i soldi sono venuti per 9,7 milioni da Cassa delle Ammende e per 7,2 milioni dalle Regioni delle persone in esecuzione penale; 4,5 milioni finanziano 18 progetti per trovare alloggi a detenuti che hanno tutti i requisiti ma non un domicilio per essere ammessi dai magistrati a misure alternative al carcere; 3 milioni vanno ad adeguare gli spazi fisici del cosiddetto “trattamento”, come i laboratori, all’interno delle carceri di Napoli Secondigliano e Poggioreale, Bologna, Torino, Catania, Messina, Busto Arsizio, Monza, Eboli, Rossano, Ariano Irpino, Viterbo, Teramo, Alessandria, Novara, Taranto, Is Arenas, Volterra, Verona, Vercelli, Verbania.

Venti milioni di euro sono già in bilancio nel 2021 per formazione professionale qualificata e inserimento lavorativo, 3 per edilizia penitenziaria, 2 per giustizia riparativa, mediazione penale e rafforzamento dei servizi alle vittime di reato, quali la presa in carico degli orfani di femminicidio e delle famiglie alle quali vengono affidati.

E non sono soldi gettati in un calderone indistinto: Cassa delle Ammende, con il segretario generale Sonia Specchia, ha attivato un sistema di valutazione dei programmi finanziati; pretende per tutti i progetti il ricorso alle procedure ad evidenza pubblica per individuare l’ente privato erogatore del servizio richiesto, dunque tutto con gare trasparenti; e ha reso obbligatorio il cofinanziamento da parte dell’ente territoriale per poter accedere ai fondi della Cassa, così creando una sorta di effetto moltiplicatore degli investimenti.

(Foto di Guilherme Cunha su Unsplash)