È ormai assodato che il numero di specie animali sulla terra sia in rapida diminuzione negli ultimi anni, a causa dell’emergenza climatica. Ma quali specie hanno più probabilità di attraversare indenni questa crisi? Se lo sono chiesti alcuni ricercatori, che hanno pubblicato il risultato delle loro ricerche sulla rivista Science Communications.

Il metodo

Come spiega su Micron Pietro Greco, il gruppo di ricerca ha individuato «15.484 mammiferi e uccelli che vivono sulla terraferma. Hanno studiato le loro strategie ecologiche, proiettandole su due assi cartesiani. Su uno hanno messo indicatori della storia di vita (breve/lunga) e della massa corporea (piccola/grande) di ciascuno, sull’altro asse hanno posto un indicatore dell’ampiezza dei loro habitat, dall’intervallo intergenerazionale e della dieta (erbivori/invertivori). Gli invertivori sono animali la cui dieta è a base di insetti o comunque da invertebrati».

Per i mammiferi non si mette bene

«I tre ricercatori prevedono che i mammiferi perderanno in media il 25 per cento del loro peso nei prossimi cento anni – spiega Greco –. La profondità di questo cambiamento in appena cento anni può essere valutata tenendo conto che negli ultimi 130mila anni (ovvero dall’ultimo periodo interglaciale a oggi) i mammiferi hanno perso, in media, peso corporeo, ma per non di più del 14 per cento».

Conoscere il futuro per prevenirlo

L’articolo di Greco riporta alcune considerazioni da parte dei ricercatori, ognuno dei quali ha sottolineato aspetti diversi dei risultati rilevati: «Rob Cooke ha ricordato a tutti che la maggiore minaccia per queste specie di mammiferi e uccelli siamo noi umani, che distruggiamo gli habitat, insistiamo nella caccia incontrollata, promuoviamo l’agricoltura intensiva e una forte urbanizzazione e stiamo accelerando i cambiamenti del clima. Felix Eigenbrod ha invece rimarcato come la ricerca dimostra che la prevista perdita di biodiversità dei mammiferi e degli uccelli nei prossimi cento anni non avverrà a caso, ma sarà molto selettiva. Ci saranno appunto perdenti (la maggior parte) e vincitori (una parte minore). Ma, in definitiva ci sarà un’accelerazione dell’evoluzione delle specie per la darwiniana selezione naturale del più adatto. Ma, forse, la dichiarazione più interessante è quella di Amanda Bates, che non afferisce all’università di Southampton Research ma alla Memorial University di Newfoundlandin, in Canada. Le estinzioni, sostiene, sono sempre state viste come un fenomeno tragico, deterministico, inevitabile. Ma studiarle ci pone nella prospettiva di poter elaborare progetti di conservazione indirizzati verso specie ben definite, quelle più a rischio. Per le specie che la ricerca ha individuato come le perdenti predestinate l’epilogo non è scontato. Se agiamo in fretta, possiamo salvarle».

(Foto di jean wimmerlin su Unsplash)