Un recente articolo di Annamaria Testa per L’Essenziale ha messo in fila una serie di problemi che riguardano la parità tra generi nel nostro paese. Molte delle informazioni sono tratte dal libro Per soli uomini, di Emanuela Griglié e Guido Romeo. Riassumiamo di seguito brevemente questi “capitoli”, come suggerimenti o “spunti di lavoro” per la classe politica che verrà.

Salute e sicurezza

Innanzitutto si ricorda che c’è bisogno di una medicina che sia genere-specifica. Le principali cure e farmaci disponibili oggi sono testati principalmente su soggetti maschili. Sono noti a tutti, ad esempio, i sintomi maschili che precedono l’infarto. Lo sono molto meno quelli femminili. «Ricordiamo anche qui – scrive Testa – che, in caso d’infarto, gli uomini sentono generalmente un dolore al petto che si irradia verso il braccio sinistro e la schiena. Le donne possono avere sintomi più attenuati, a cui è indispensabile prestare attenzione: dolore addominale, fiato corto, nausea, stanchezza, senso d’ansia». I farmaci sono testati e sviluppati «a partire da un “maschio bianco standard” tra i 20 e i 30 anni, del peso di 70 chili e alto un metro e 70». Il che esclude ovviamente le donne, oltre a un’ampia fascia di maschi che non rientrano in quei parametri.

Poi c’è la questione delle mestruazioni, da sempre considerate un problema solo femminile. È solo del 2021 la legge che ne ha abbassato l’iva sugli assorbenti al 10 per cento in Italia. Altrove si sta andando oltre, riducendo l’aliquota al 5 per cento o distribuendo gratuitamente gli assorbenti.

Rispetto alla sicurezza: «Secondo i dati del ministero dell’interno, nel 2021 i femminicidi sono cresciuti dell’8 per cento: ne abbiamo avuto uno ogni 72 ore. Il 67,7 per cento delle chiamate al numero di emergenza 1522 riguarda violenze che sono in atto da anni».

Lavoro e stipendi

In Italia persiste un ampio divario tra uomini e donne, sia a livello occupazionale sia di retribuzione: «In Italia le donne guadagnano il 3,8 per cento in meno degli uomini nel settore pubblico, il 17 per cento in meno nel settore privato (dati Eurostat 2019). Una legge per contrastare la disparità salariale è stata varata a fine ottobre del 2021, ma riguarda solo le aziende con più di 50 dipendenti. Dobbiamo però ricordare che l’Italia è un paese di imprese piccole e piccolissime: la media italiana di occupati per impresa è inferiore ai 10 addetti. Più del 95 per cento delle imprese italiane ha meno di 50 addetti».

Solo il 28 per cento delle donne ricopre ruoli manageriali (peggio di noi c’è solo Cipro in Europa), e l’80 per cento del lavoro di cura familiare pesa sulle loro spalle.

Istituzioni

È noto che l’Italia non abbia mai avuto presidenti del Consiglio o della Repubblica donne, mentre la prima presidente del Senato è quella attuale, Maria Elisabetta Alberti Casellati, eletta nel 2018. In generale, tutte le statistiche sono concordi nell’assegnare alle donne un ruolo molto marginale all’interno delle istituzioni a tutti i livelli.

Mezzi d’informazione

«A metà marzo del 2021, sulla Stampa, Anna Masera scrive che in Italia le donne giornaliste sono il 44 per cento. Guadagnano il 18 per cento in meno dei colleghi e “la quota delle donne nelle posizioni di direzione dei principali media (prendendo i primi due per ogni categoria: tv, radio, giornali, digital native) è… zero”». Aggiungiamo, dall’ultima newsletter del Post sul mondo dell’informazione, che attualmente nei primi 40 quotidiani italiani per diffusione ci sono solo tre direttrici, a fronte di 37 direttori.

Altri temi sollevati dall’articolo di Testa riguardano i livelli di ricchezza e povertà, che vedono le donne più svantaggiate a livello globale. C’è poi la questione dell’intelligenza artificiale, i cui modelli di apprendimento sono basati principalmente su dati maschili, il che rende spesso inaccurate (se non discriminatorie) le decisioni che prendono. Alcuni esempi: «Nel 2015 si è scoperto che l’algoritmo di Google mostrava offerte di lavori di alto livello agli uomini e non alle donne. Amazon nel 2018 ha dovuto ritirare un programma di selezione del personale perché penalizzava sistematicamente le candidate».

Ulteriori spunti di riflessione riguardano gli oggetti: tute spaziali, giubbotti antiproiettile, smartphone, cinture di sicurezza, manichini per i crash test delle automobili. Tutti questi oggetti sono studiati su corpi maschili e quindi scomodi o inadeguati per quelli femminili. Per non parlare della disponibilità di un numero adeguato di bagni pubblici, in cui le diverse tempistiche di utilizzo tra donne e uomini rende necessario un adeguamento del numero in favore delle prime.

Spazi pubblici

Secondo il progetto Mapping Diversity, citato dal Post, «Dai dati raccolti risulta che nei 21 capoluoghi delle regioni e province autonome italiane ci siano 24.572 strade intitolate a persone (non a nomi comuni, a luoghi o a nomi collettivi): 1.626 di queste (cioè il 6,6 per cento) sono intitolate a donne. Escludendo le martiri o le sante (che rientrano in una narrazione tradizionale di donne spesso intese come vittime), le strade intitolate alle donne scendono a 959».

Nobel

«Dei quasi mille premi Nobel attribuiti fino a oggi, solo 57 sono andati a donne – scrive Testa –. Più della metà di questi per la pace (17) e la letteratura (16). Anche considerando che, specie in passato, le ricercatrici sono state meno numerose dei ricercatori, la cosa non ha statisticamente alcun senso, e la probabilità che esista un pregiudizio contro le donne è del 96 per cento. Ad attestarlo è un articolo pubblicato su Nature e intitolato Gender bias in Nobel prizes».

(Foto di Hannah Busing su Unsplash)

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