Per ottenere il benessere fisico, possiamo curare l’alimentazione e fare del movimento. Per quello mentale, cerchiamo di liberarci dalla continua presenza di telefoni, notifiche e altre distrazioni. Ma cosa si può fare per curare il benessere epistemico? Il termine si riferisce a ciò che attiene alla sfera del sapere e dunque alla nostra conoscenza del mondo. Nonostante non ci sia mai stata una così vasta disponibilità di conoscenze facilmente accessibili a milioni di persone, la sensazione non è che si stia andando verso società sempre più informate e consapevoli. Anzi, le teorie del complotto non hanno mai trovato una così ampia risonanza, e addirittura in certi casi stanno avendo anche rappresentanza, con parlamentari che le sostengono apertamente.
Consumare contenuti sui media in questo periodo è un’esperienza spesso estenuante e frustrante, discutere con chi non è d’accordo con noi è più faticoso che mai, e individuare fonti attendibili non è mai stato così difficile. Tutto ciò influenza ciò che alcuni ricercatori definiscono appunto come benessere epistemico, dato dalla possibilità di accedere a buone fonti d’informazione che diano risposta alle nostre domande quando ne abbiamo bisogno. Vediamo di seguito i tre fattori che lo determinano, secondo il ricercatore Kenneth Boyd.
1. Avere accesso alla verità
Internet contiene, nel bene e nel male, una quantità enorme di prodotti intellettuali e creativi dell’umanità. Ma è anche piena di porcherie e falsità. Avere accesso a questo grande “archivio vivente” è utile solo se siamo in grado di separare le cose di valore dal resto. Vista la grande mole di informazioni disponibili, non è facile orientarsi. Per questo ci si deve appoggiare a fonti che danno forma e organizzano questa conoscenza. Per farlo, bisogna saper distinguere quali sono le fonti attendibili, il che ci porta al prossimo punto.
2. Avere accesso a fonti affidabili
Per ottenere le informazioni, dobbiamo fare affidamento sugli altri. Questo, di per sé, non è un male. Vuol dire che stiamo suddividendo un lavoro cognitivo su più persone, il che ci permette di conoscere molte cose del mondo senza dovere diventare degli esperti in ogni campo. Essere in grado di scegliere di chi fidarsi è fondamentale per accedere alla conoscenza, e quindi è una componente importante del benessere epistemico.
3. Partecipare a un dialogo produttivo
Ricevere informazioni passivamente non è abbastanza, abbiamo bisogno di misurarci nella discussione. Inoltre, l’aspetto relazionale non entra in gioco solo quando siamo in cerca, ma anche quando possiamo offire: ci dà benessere la possibilità di condividere ciò che sappiamo.
Se pensiamo al contesto mediatico (sia i mezzi tradizionali sia i social media), la percezione che ci sia una grande quantità di informazioni false e fuorvianti è forte. Identificare le fonti affidabili dalle altre, con la grande competizione in atto (spesso con attori che si muovono in malafede per diffondere falsità) può essere molto difficile. Tutto questo, unito alla grande rissosità del dibattito, fa sì che ci sentiamo meno motivati a partecipare alle discussioni, il che ci dà la sensazione di non essere in grado di acquisire la conoscenza che stiamo cercando. Questo dà spazio al fenomeno di cui parlavamo in apertura, ossia il proliferare di teorie cospiratorie.
La sensazione di non riuscire a trovare informazioni, unita alla difficoltà di partecipare al dibattito (e a una diffusa sfiducia verso gli esperti), contribuisce a portare le persone verso vie alternative di acquisizione di una pseudo-conoscenza, che probabilmente le esporrà alle fonti più varie (e meno affidabili) e forse a prendere posizioni sempre più estreme.
Come se ne esce? Difficile dirlo, perché questo tipo di dinamiche tendono a innescare circoli viziosi, che da un lato rafforzano le visioni più radicali e dall’altra impediscono il dialogo con chi la pensa diversamente. Boyd raccomanda di tenere d’occhio le proprie abitudini epistemiche: riflettere costantemente sul modo in cui acquisiamo le informazioni e chiederci sempre se stiamo dando ascolto a una certa fonte perché pensiamo dica la verità, o solo perché ci aspettiamo ci dica ciò che vogliamo sentire.
(Foto di Johnson Wang su Unsplash)
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Quando è nata Avis Legnano i film erano muti, l’Italia era una monarchia e avere una radio voleva dire essere all’avanguardia. Da allora il mondo è cambiato, ma noi ci siamo sempre.