Nella notte tra il 26 e il 27 febbraio se n’è andato Stéphane Hessel, scrittore, politico e diplomatico autore del pamphlet “Indignatevi!”, che ha ispirato il movimento che proprio da questo libretto ha preso il nome (pubblicato nel 2010, divenne un caso editoriale vendendo oltre due milioni di copie). Hessel era nato a Berlino nel 1917 da una famiglia ebrea. Aveva partecipato alla resistenza francese e dopo la guerra aveva lavorato alle Nazioni unite, ed era stato uno dei principali redattori della Dichiarazione universale dei diritti umani. L’eredità che ci ha lasciato è fatta soprattutto di impegno affinché i giovani non perdano il contatto con la realtà in cui vivono, affinché cerchino e trovino «le cause per indignarsi». C’è sempre qualcosa che non va, per cui vale la pena lottare, una società migliore verso cui tendere mettendoci del proprio in prima persona. «L’interesse generale deve prevalere sull’interesse particolare, l’equa distribuzione delle ricchezze create dal mondo del lavoro prevalere sul potere del denaro», scriveva. Il messaggio andava anche verso la difesa della supremazia della società civile rispetto alle priorità del mercato e della finanza: «I responsabili politici, economici, intellettuali e la società non devono abdicare, né lasciarsi intimidire dalla dittatura dei mercati finanziari che minaccia la pace e la democrazia».
Un messaggio di grande attualità che sta muovendo le passioni recenti, anche nel nostro Paese, e che rende il testo di Hessel di grande attualità. Un pensiero che si può associare a quello del papa che si è appena dimesso, Joseph Ratzinger, che lungi dall’essere stato il teologo distaccato dalle questioni materiali come talvolta è apparso, si è pronunciato anche in termini molto precisi sull’attualità, dichiarando per esempio che «Se preoccupa l’indice differenziale tra i tassi finanziari, dovrebbero destare sgomento le crescenti differenze fra pochi, sempre più ricchi, e molti, irrimediabilmente più poveri. Si tratta, insomma, di non rassegnarsi allo “spread del benessere sociale”, mentre si combatte quello della finanza». Nel periodo in cui fu pubblicato il pamphlet di Hessel, molti commentatori sottolinearono che «indignarsi non basta». Vista la diffusa abitudine ad aderire alle cause facendo dei clic col mouse su questa o quella campagna che ci arriva per posta elettronica, si è confusa l’indignazione con una distaccata disapprovazione di ciò che succede. Ma l’indignazione è un sentimento, non una strategia. È il punto di partenza che deve sfociare nell’azione e, come si diceva, nell’impegno: «Il mio augurio a tutti voi -scrive Hessel-, a ciascuno di voi, è che abbiate un motivo per indignarvi. È fondamentale. Quando qualcosa ci indigna come a me ha indignato il nazismo, allora diventiamo militanti, forti e impegnati». Un’idea di umanità interconnessa e unita che va oltre qualsiasi schematizzazione o faziosità. Un messaggio universale rivolto alle nuove generazioni da un rappresentante di quella passata, che ha incarnato questi ideali nel corso di tutta la propria vita, e che a 95 anni, fino all’ultimo, aveva ancora la forza di indignarsi.